BRUXELLES - Negli ultimi anni le regioni italiane hanno avuto a disposizione 26 miliardi di euro per costruire l’economia del futuro, basata sulla conoscenza e lo sviluppo. Vengono dalla politica di coesione dell’Unione europea, che nel periodo 2014-2020 ha mobilitato in totale oltre 188 miliardi di euro per la cosiddetta ‘smart growth’ , cioè la crescita intelligente.
L’Italia è stato il Paese che in questi ultimi anni ha ricevuto più di ogni altro aiuti europei a sostegno della competitività delle piccole e medie imprese (Pmi), il cuore del sistema imprenditoriale nazionale e regionale. A scattare la fotografia dei fondi europei dedicati alla crescita 'intelligente’ - per ricerca e sviluppo (R&S), tecnologia dell’informazione (Itc) e competitività delle Pmi - è stata per conto dell’ANSA la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
I finanziamenti Ue alle Pmi italiane per il periodo 2013-2020 sono stati 17,7 miliardi, in gran parte provenienti dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr). Tutte le regioni hanno dedicato al settore una grossa fetta. Ma Lazio, Abruzzo, Basilicata e Puglia hanno fatto registrare i livelli massimi indirizzando alle Pmi il 75% dei fondi a disposizione, seguite da Piemonte e Bolzano con poco meno del 50%. Il nostro Paese ha anche avuto a disposizione negli ulti sette anni 6 miliardi di fondi Ue da destinare a ricerca e innovazione (un importo inferiore solo a quelli di Spagna, Polonia e Germania), mentre 2 miliardi sono andati allo sviluppo dell’Itc. Piemonte e Lombardia hanno concentrato più del 40% delle risorse in azioni a sostegno di R&S, il Lazio meno del 10%. La Provincia autonoma di Bolzano si è invece distinta per aver dedicato più risorse di ogni altra regione (circa il 30%) allo sviluppo di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict). Buona parte delle altre si è fermata a meno del 10%.
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