I totem fanno davvero le multe?
«No, ma servono come deterrente»

Sono lo spauracchio degli automobilisti, ma anche un aiuto per i pedoni. Velo Ok, speed check, autovelox fissi, telecamere semaforiche.

Il glossario delle «trappole» è ricco anche nell’hinterland – qui sono oltre 20, secondo l’applicazione sviluppata da TomTom, uno dei marchi più importanti nella navigazione satellitare – e si declina in mille modi, alcuni dei quali «cozzano», però, con la normativa. Il caso più eclatante è quello dei rilevatori di velocità, i totem arancioni – speed check e Velo Ok sono le definizioni tecniche – che spesso impongono di andare al massimo a 30 o a 50 chilometri all’ora: non sono previsti dal Codice della Strada. E se all’interno non c’è un dispositivo omologato e a fianco non c’è una pattuglia delle forze dell’ordine, non possono fare multe.

Il tema centrale è legato ai «Velo Ok»: fanno davvero le multe? No. Ma hanno un’utilità, sottolineano gli amministratori locali: servono come deterrente per far rallentare. «Le colonnine arancioni fanno calmare chi ha il piede pesante o chi viaggia sovrappensiero in zone residenziali», spiega Ermenegildo Epis, sindaco di Grassobbio. «L’effetto deterrente funziona all’inizio, poi gli automobilisti capiscono che i totem non fanno le multe – rileva Cristian Vezzoli, primo cittadino di Seriate –. L’unica soluzione è l’educazione stradale. O i “semafori intelligenti”, che però costano 20 mila euro l’uno, molto di più di uno speed check».

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