Un uomo e la sua gente
Gianpaolo aveva ragione

Hai voglia di star lì a dire che i giocatori sono sempre banali, quando parlano in pubblico. Ti saresti aspettato un Bellini di poche parole e tanti singhiozzi, ti ritrovi invece un Bellini che fa piangere uno stadio intero quando in fondo a tutto, a una partita impossibile persino da sognare, in fondo a tanti grazie giusti e messi in fila per benino, manda un bacio lassù, alla sua mamma, restituendole una grande fetta della festa.

Ma Gianpaolo Bellini è così. Avremmo dovuto capirlo in tutti questi anni: non è un uomo banale. Sembra «normalman», invece sa stupire. Lo aspettavamo al traguardo dell’addio dodici mesi fa, e lui no, chiedeva un altro anno lì, con l’Atalanta, col 6 sulle spalle. Il pensiero comune a redarguirlo: Paolo, smetti prima di far brutte figure, che è ora. Lui no, crapa dura come si conviene ai ragazzi di questa terra. Un anno ancora. Lo incontrammo a inizio stagione negli studi di Bergamo Tv, il volto sereno di chi sa di aver fatto la cosa giusta. Avesse giocato tanto o poco, in fondo poco cambiava. Contava essere ancora lì. E la stagione ha dimostrato che non trattavasi di capriccio, quell’anno in più di contratto. Era la cosa giusta, per lui e anche per tutti quelli che di questo ragazzo hanno potuto apprezzare tanto le capacità calcistiche quanto le qualità umane.

Adesso comincia un’altra storia, vedremo quale. Di certo, sarà con e per l’Atalanta. Ma intanto, diciamogli grazie di tutto. Per queste centinaia di partite, per i pochi gol segnati e i tanti gol salvati, per la miriade di infortuni superati, per la capacità di mettere la faccia su una brutta sconfitta quando tutti gli altri scappavano a gambe levate da microfoni e taccuini. Lui, così restio alle interviste, davanti a uno scivolone di cui magari vergognarsi un po’ non si è mai tirato indietro. Questo fa un capitano, questo ha fatto in tutti questi anni Gianpaolo Bellini.

Quindi diciamolo: a prescindere da tutto, aveva ragione lui a chiedere da testardo quest’ultimo anno da calciatore. Aveva ragione, non foss’altro che per il saluto così meravigliosamente dolce di ieri. Senza fuochi d’artificio, senza le mille e una notte che si confezionano per i fuoriclasse da copertina. Lui, quel rigore, la gente in piedi, moglie a fianco e bimbi in braccio. Calcio e buoni sentimenti. Solo verità. Solo Atalanta.

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