Se Grillo copre
le figuracce romane

Beppe Grillo è sceso a Roma per rimettere insieme i cocci del Movimento provocati dalla guerra dei suoi fedelissimi in Campidoglio e poi, insieme al direttorio nazionale, si è presentato a Nettuno, sulla costa laziale, per parlare al popolo grillino desideroso di essere rassicurato dopo tanto trambusto.
La cosa da notare è che in questi giri per il Lazio, Grillo ha trovato il tempo di fare solo una telefonata a Virginia Raggi la quale sul palco di Nettuno non c’era. Strano, perché solo fino a qualche giorno fa Alessandro di Battista, organizzatore di questi incontri di piazza, scaldava l’elettorato al grido di «Vir-gi-nia, Vir-gi-nia…».

È un po’ troppo evidente questo distacco, per non significare qualcosa, soprattutto se messo in relazione alle decisioni che il sindaco di Roma ha promesso di prendere: è disposta sì a ridurre il ruolo dei suoi due fedelissimi (Marra e Romeo) già collaboratori di Alemanno che andranno ad occupare posti più defilati (e, particolare non indifferente, meno retribuiti), ma non molla su Paola Muraro, l’assessore ai rifiuti indagata da aprile e sulla cui condizione giudiziaria la Raggi e tutti gli altri hanno mentito per cinquanta giorni negando di sapere alcunché.

La Muraro non si tocca: «Decideranno i pm, vedremo le carte» dice il sindaco scoprendosi improvvisamente garantista e autogiustificando il proprio silenzio che invece aveva criticato quando si trattò del sindaco di Parma Pizzarotti di cui per questo auspicò l’espulsione.

Oggi invece nessun mea culpa e la conferma che l’assessore rimane al proprio posto fin quando non saranno i giudici a rimuoverla dalla poltrona. Questo vuol dire due cose: che la Muraro rappresenta per la Raggi un elemento indispensabile e insostituibile nella catena di potere che sta costruendo a Roma, e che nemmeno l’ultimatum di Grillo è riuscito a rimuovere quell’elemento.

Il comico-leader era arrivato a Roma con il proposito di fare piazza pulita e invece si ritrova in mano una concessione in fondo modesta: l’allontanamento formale dei due assistenti del sindaco. Si intravede per Virginia Raggi un futuro alla Pizzarotti?

Se per la signora sindaco il futuro nel Movimento diventa improvvisamente così così incerto, qualcosa del genere si può dire del suo sponsor più importante, Luigi di Maio. Anche il candidato premier del Movimento sapeva tutto sui guai della Muraro, e ci sono le prove scritte; e anche lui ha mentito e negato la circostanza più e più volte: si è scusato dicendo di non aver ben compreso cosa c’era scritto nella mail (di Paola Taverna) in cui lo si metteva al corrente, difesa – diciamo – un po’ deboluccia che gli ha provocato le critiche di tutti gli avversari che ha nel direttorio del movimento. Ieri sera Grillo gli ha concesso di spiegarsi di fronte ai grillini di Nettuno e di ottenere un lavacro purificatore ma è un fatto che Di Maio esce pesantemente ridimensionato da questo pasticcio.

Tuttavia, se Grillo per il momento lo ha «coperto» di fronte all’elettorato è perché lo sfascio di Roma non può e non deve trasformarsi in una rotta senza speranze, che sarebbe poi la fine dell’ambizione del M5S di conquistare Palazzo Chigi già alle prossime elezioni.

Insomma, il risultato parziale per il momento del caos romano è il seguente. Primo, il sindaco di Roma, la giovane donna che doveva riportare legalità e buona amministrazione nella Capitale corrotta, sta fallendo il suo compito, trascinando il Movimento in una figuraccia cosmica, e pertanto viene già cautelativamente messa in frigorifero, un po’ ai margini, a qualche metro dal cuore dei grillini. Secondo, il futuro sfidante di Renzi, il giovane politico capace di rappresentare il volto istituzionale rassicurante del Movimento, cade malamente su una buccia di banana e si incarta intorno a giustificazioni penose offrendo il fianco agli avversari interni. Ce n’è abbastanza perché Grillo e i suoi ragazzi rimpiangano i tempi in cui su tutti vegliava Gianroberto Casaleggio.

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