I papi e la musica: primeggiano
Giovanni XXIII e Benedetto XVI

In una improbabile hit parade papale dell'ultimo mezzo secolo, a primeggiare sarebbero probabilmente Giovanni XXIII e Benedetto XVI. Ultimo Paolo VI «gran pastore di anime, ma stonato come una campana» dice monsignor Pablo Colino, maestro di cappella vaticano per ventisei anni. «Pacelli aveva un eccellente orecchio musicale, mentre Ratzinger un'intonazione naturale che gli consente di mettere grande dolcezza in tutto quel che canta». Ed è proprio la voce carica di umanità del pontefice tedesco ad aver accompagnato ieri sera a Londra la prima esecuzione pubblica di «Alma Mater», l'album che musica alcune riflessioni sulla figura della Vergine attinte dai discorsi fatti qua e là per il mondo in occasione di quelle visite ai santuari mariani divenute un punto fisso del suo pontificato.

Nella austera cornice della Cattedrale di Westminster, i produttori del disco hanno affiancato per la prima volta la Royal Philharmonic Orchestra e il Coro da Camera dell'Accademia Filarmonica di Roma realizzando quell'incontro tra sinfonica e gregoriano ottenuto finora soltanto in vitro, visto che «Alma Mater» era stato registrato separatamente; dai primi negli Abbey Road Studios di Londra e dagli altri in Vaticano.

Il disco poggia per gran parte sulla musica, visto che il recitato complessivamente occupa si e no dieci dei cinquanta minuti di durata. Benedetto è meno comunicativo di Giovanni Paolo, ma è più intimamente musicista.

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