Cultura e Spettacoli
Mercoledì 28 Aprile 2010
Keith Jarrett, un mito a Bergamo
Concerto il 16 luglio al Lazzaretto
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Jarrett non è un artista facile e ha necessità di contesti e garanzie particolari, sia quando si esibisce in trio, con Gary Peacock e Jack De Johnette. Jarrett e i suoi compagni arriveranno in Italia a luglio, per tre concerti: a Ravenna il 13, al Palazzo Mauro de Andre, il 16 a Bergamo, il 18 all'Auditorium Parco della Musica di Roma. Ogni volta che torna in Italia il trio, uno dei fondamentali in materia di jazz da più di venticinque anni a questa parte, l'evento è assicurato.
Siamo ai massimi livelli della musica d'oggi. Dischi come “The Köln Concert” hanno stabilito un contatto con il grande pubblico che pochi altri album hanno saputo costruire. Per il jazz e l'improvvisazione, quel disco ha avuto pari impatto dell'Album Bianco dei Beatles sul pop. Jarrett pur essendo un jazzista eterodosso nell'approccio musicale alla materia tradizionale, e sostanzialmente un musicista a tutto tondo per indole e cultura musicale, non ha mai negato la centralità del jazz nella sua formazione e anche nel suo personale gusto musicale.
Jarrett è anche un musicista alla moda, ma solo perché in perfetta sintonia con quella che forse è la più importante tendenza del secolo scorso e dei cosiddetti “anni zero”. All'interno delle improvvisazioni pianistiche che l'hanno reso celebre nel mondo intero, nell'anima di quell'eloquio solitario che sembra nato da un rito sciamanico, è difficile decodificare le influenze, ma soprattutto è inutile. Le improvvisazioni di Jarrett non sono altro che il simbolo di un nomadismo intellettuale, un segno dei tempi che è meno brutale di quello lasciato da Miles Davis, ma ugualmente vitale e pregnante.
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Keith Jarrett suona «Somewhere over the rainbow»