La «Rivista di Bergamo»
90 anni di arte e cultura

Bergamo cresceva. Gli abitanti erano 68.624: ben 7.575 in più rispetto all'anno precedente. Bergamo cambiava. Fu allora, nel gennaio del 1922, che nacque La Rivista di Bergamo, direttore Alfonso Vajana, noto personaggio della vita politica locale.

Bergamo cresceva. Gli abitanti erano 68.624: ben 7.575 in più rispetto all'anno precedente. Bergamo cambiava. Tra poco sarebbe stato demolito il Caffè Nazionale, ultimo dei locali rimasto tra quelli alloggiati negli ambienti della vecchia Fiera, e sarebbe incominciata la costruzione di piazza Dante.

Il nuovo centro, la Bergamo moderna voluta dai bergamaschi e progettata dall'architetto Piacentini nella vasta area proprio sotto Città Alta, era il segno di una città che voleva presentarsi con un volto moderno, pur non trascurando la sua lunga storia. Anzi, nella Bergamo al piano avrebbe dovuto essere rappresentato il passato e il futuro della città. Fu allora, nel gennaio del 1922, che nacque La Rivista di Bergamo, direttore Alfonso Vajana.

Noto personaggio della vita politica locale, repubblicano, interventista, dopo una prima adesione al fascismo se ne allontanò per la violenza che lo stava caratterizzando. Vajana della nuova rivista era stato l'ideatore e il fondatore. Con un obiettivo ambizioso: far sì che quanto enunciato nella testata si traducesse poi nella realtà. La «rivista dei bergamaschi» avrebbe dovuto diventare punto di riferimento per la crescita, e non solo culturale, dell'intera comunità.

A Bergamo già veniva pubblicato un mensile di grande prestigio, Emporium, al quale l'Istituto italiano di arti grafiche diede vita nel 1895. Fu una delle prime riviste d'arte italiane con l'obiettivo di «popolarizzare l'alta cultura»; si distinse per l'ampio ricorso alla fotografia e per i moderni metodi di stampa. Nel 1907 venne pubblicato «Il Bollettino della Civica Biblioteca» (poi Bergomum) che accoglieva i contributi di noti studiosi e ricercatori, con particolare riferimento al patrimonio conservato alla Mai.

Fin dal primo numero la Rivista rese evidenti le proprie ambizioni: accanto a un articolo di Bortolo Belotti, il celebre storico, sugli stendardi di Bartolomeo Colleoni, compare la firma di Angelo Pinetti sulla tavola di Lorenzo Lotto nella chiesa di San Bartolomeo. C'è anche un ampio servizio sugli stabilimenti della Dalmine.

Non più quindi solo arte e storia come Emporium e il Bollettino della Mai, ma anche attenzione al territorio e alla sua realtà. Dopo qualche tempo la rubrica «Vita bergamasca» incomincia a dare spazio a personaggi ed avvenimenti del partito fascista, con crescenti difficoltà, immaginiamo, per il direttore Vajana, la cui firma finirà con lo scomparire dagli ultimi numeri della rivista prima del passaggio ad Antonio Locatelli. Con quest'ultimo cambiamenti radicali nella grafica, nel largo uso delle immagini, più spazio agli articoli dedicati all'ambiente, alla montagna, allo sport, ma anche al fascismo.

La figura del grande aviatore, podestà di Bergamo, scrittore, fotografo, disegnatore, diede prestigio al mensile. Alla sua morte si avvicendarono vari direttori poi, con la guerra, la pubblicazione venne sospesa. Ma non dimenticata. Il recupero della testata fu merito di Nino Zucchelli, a lungo personaggio di spicco nella vita artistica e culturale cittadina, e non solo. Nelle edicole arrivò inizialmente come La Gazzetta di Bergamo, con il sottotitolo «Nuova Rivista di Bergamo», per poi riprendere la primitiva denominazione nel dicembre del 1953.

Nino Zucchelli, attivissimo, con tantissime conoscenze, promotore di eventi di livello internazionale, fece decollare l'iniziativa e la Rivista si affermò superando notevoli difficoltà, soprattutto negli ultimi tempi. La sua scomparsa nel 1994 sembrò segnarne la fine definitiva. Andò altrimenti, per fortuna. Un anno dopo a una cena rotariana si trovarono seduti accanto uno all'altro Emilio Agazzi, editore di Grafica&Arte, e l'architetto Attilio Pizzigoni. «Parlammo di Zucchelli – ricorda Agazzi – e della sua rivista. Sarebbe stato bello farla rinascere».

E fu proprio così. Grazie all'impegno di Grafica&Arte e di Pizzigoni, primo direttore, La Rivista di Bergamo tornò in edicola. Una veste moderna, grafica di qualità, ampi spazi all'arte e alla cultura bergamasca e ai suoi eventi. Una nuova vita, veramente.

Pino Capellini

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