La memoria per Van De Sfroos
«Anticorpo per un futuro incerto»

Amici di lago, seduti in panchina. Sembra una scena teatrale. In un gremito Serassi di Villa d'Almè Davide Van De Sfroos risponde alle domande dell'amico Giorgio Gandola, direttore de «L'Eco di Bergamo», con immagini e canzoni, davanti a 790 persone.

Amici di lago, seduti in panchina. Sembra una scena teatrale. In un gremito Serassi di Villa d'Almè Davide Van De Sfroos risponde alle domande dell'amico Giorgio Gandola, direttore de «L'Eco di Bergamo», con immagini e canzoni, davanti a 790 persone.

«Molte fedi sotto lo stesso cielo» è anche questo: uno spettacolo di pensieri e parole per raccontare l'esperienza della memoria, del racconto, di un futuro che può essere migliore se teniamo sane e salde le radici.

Ma a cosa serve raccontare? «Anche se alcuni considerano la memoria un qualcosa che sa di armadio, di naftalina, in realtà non si rendono conto che i ricordi possono essere gli anticorpi per un futuro incerto», spiega Davide Bernasconi.

«Non si può vivere di ricordi, di memorie, perché il tempo deve cambiare, tutto deve divenire, ma la percezione nitida di ciò che è passato, nel momento stesso in cui è raccontato, ha la valenza di un antibiotico, potrebbe permetterti di non prendere infezioni, di non fare errori già fatti, di non cadere dentro fosse segnalate. Non solo, memoria e racconto vogliono anche dire tramandare quello che è successo, quel che uno ha vissuto. Visto che la vita di ognuno può rimanere anche molto occulta, visto che tutti potremmo sembrare semplicemente delle figure disperse nel tramonto, nel momento in cui hai la percezione di un racconto hai la testimonianza, la visione, l'angolazione diversa di una vita che è di tutti e ognuno vive a modo suo. E allora il racconto di un reduce, di un metalmeccanico, di un playboy o di un contrabbandiere, ha un suo potere. In fondo il mondo gira perché qualcuno continua a raccontarlo».

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