Brescia ricorda la figura di Piero Brolis a venticinque anni dalla scomparsa

Bronzi, disegni e medaglie in una mostra allestita nel salone AAB di Vicolo delle Stelle 4, aperta al pubblico fino al 19 marzo

Gessi preparatori, bronzi, disegni e medaglie: a venticinque anni dalla scomparsa dello scultore bergamasco Piero Brolis (1920-1978) i Civici Musei d’arte di Brescia, in collaborazione con l’Associazione Artisti Bresciani, ricordano la figura dell’uomo e dell’artista in una mostra che, aperta fino al 19 marzo nel Salone AAB di Vicolo delle Stelle 4 a Brescia (orari: 15.30 - 19, chiuso lunedì), presenta al pubblico il nucleo di opere conservato nelle raccolte del museo bresciano.

In tempi diversi infatti la vedova dell’artista, Franca Petteni Brolis, ha donato ai Civici Musei un cospicuo numero di opere: 30 gessi di vari soggetti e dimensioni, un grande bronzetto, 14 medaglie in originale e 9 modelli e ben 66 disegni tra i quali alcuni dei bozzetti preparatori per una delle opere più significative realizzate dallo scultore quale il grande bronzo con la Via Crucis per il Tempio di Ognissanti nel cimitero di Bergamo.

I 40 pezzi selezionati per ricostruire il percorso artistico di Brolis, che nella sua attività spaziò dal ritratto alla figura intera, dal monumento alla medaglia, essendo per lo più gessi preparatori e bozzetti consentono di indagare, dal punto di vista privilegiato del momento di passaggio dall’"idea" all’opera finita, tra le pieghe del processo creativo di quello che è stato uno dei più amati e significativi scultori del Novecento bergamasco.

Sebbene i soggetti del suo lavoro siano stati i più diversi, il fulcro costante della sua ispirazione si riconosce nella figura femminile, variamente interpretata come fanciulla e madre, ninfa e Pomona, ma sempre come simbolo della vita che l’artista cerca poeticamente di sottrarre allo scorrere del tempo.

Dai busti e ritratti, dove la sensualità della forma è suggerita nella delicatissima curva del collo accarezzata dai riccioli sciolti o svelata da un acconciatura raccolta, alle levigatissime forme dei torsi femminili che, colti in tensione, raccontano la vita nel suo farsi e divenire, fino alla freschezza e l’energia del tratto che fende i contorni nei disegni: non si coglie alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla minuzia anatomica delle prove figurative al delicato lievitare della materia nelle sculture degli anni ’70 in cui il corpo femminile è sintetizzato fino al limite della sua riconoscibilità.

Su tutto è steso come un velo

, sottilissimo e cristallino, che ovatta i volumi di una tenera e raffinatissima morbidezza. «Quella stessa completezza di idee e di forme - scrive in catalogo Michela Valotti, curatrice della mostra bresciana - così "classiche" e al tempo stesso così moderne , ci induce a ravvisare nell’uomo il tenace impulso verso ideali e valori "senza tempo", difficilmente ascrivibili a questo o a quel momento culturale. Un’arte, insomma, che è espressione di vita non perché ne è riflesso sbiadito, ma perché incarna, in sé, l’istanza esistenziale del nascere, del credere e del morire».

(Su L’Eco di Bergamo del 15 marzo 2003)

Barbara Mazzoleni

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