Il fascino jazz di Conte sul palco del Donizetti

Stavolta non c’è stato l’assalto al botteghino del teatro, ma il concerto di Paolo Conte questa sera al Donizetti (inizio alle 21) potrebbe finire «sold-out» ugualmente; qualche biglietto ancora si trova.

La gente si è lasciata convincere con calma dal fascino sornione dell’avvocato di Asti. D’altra parte il biglietto era caruccio e Conte è in giro con questo concerto da qualche tempo. L’ultimo album «Reveries» è bellissimo, ma non aggiunge niente di nuovo al repertorio del cantautore. È una raccolta di pezzi riletti a dovere per il mercato anglofono: in tutto 16 classici, 12 dei quali sono stati appositamente registrati e arrangiati, con l’idea di rendere le canzoni più vicine alle versioni live. Insomma, un disco in studio, con l’immediatezza degli arrangiamenti scelti per la dimensione del concerto. È in buona misura il materiale che avremo modo di sentire durante la nuova esibizione bergamasca di Conte. L’ultima volta la musica di «Razmataz» aveva scaldato il cuore di un Donizetti ben stipato, stavolta il recital girerà attorno alle canzoni di «Reveries» e alla discreta avvenenza di qualche altro capolavoro.

Da anni in effetti Paolo Conte non ne scrive più. Qualcuno ha parlato di una strisciante crisi creativa, lo stesso cantautore ha ammesso che con il tempo quel serbatoio d’idee e suggestioni che ha sempre scandagliato con gesto creativo si è come asciugato. Del resto Conte non ha mai cantato l’attualità, non ha mai scelto di ispirarsi al presente, al quotidiano, alla cronaca che pure regala spunti in continuazione. Ha preferito raccontare dell’altro, lasciando che le storie e le emozioni sedimentassero dentro di sé per tutto il tempo necessario. Così facendo ha lasciato che le parole entrassero nel suo vocabolario piano piano, per poi raccontarle. C’è da dire che Conte di capolavori ne ha firmati tanti, dando fondo a una creatività musicale e poetica che forse non ha riscontri almeno in Italia, cosa che evidentemente ha avuto un peso sull’ispirazione. Ora però è tempo di un disco nuovo che è previsto per l’autunno prossimo. Sarà il primo album di inediti da tempo a questa parte, se si eccettua il progetto di «Razmataz»: l’idea di fondo di un musical che a teatro non è mai arrivato, ma su dvd ha raggiunto un interessante compromesso tra musica e immagini disegnate dallo stesso Conte. Dopo il doppio «Aguaplano», del 1987, album al top creativo, e dopo «Novecento», del 1992, con quel felice ritorno alla classicità contiana, l’avvocato aspetta il 1995 per scrivere «Una faccia in prestito», l’ultima raccolta di canzoni inedite. Da allora Conte ha regalato al suo pubblico qualche pregevole disco live e l’idea di un musical ispirato all’età d’oro del jazz. Dopo «Razmataz» e le contaminazioni artistiche e linguistiche che riprendono lo spirito sperimentale degli anni Venti, vien da chiedersi dove andrà Conte a recuperare l’ispirazione per le nuove canzoni.

Va detto che in questi ultimi anni l’avvocato è stato molto preso dai concerti, in Italia e all’estero. Nel 2001 Conte è tornato in America per la seconda volta suonando nei più celebri teatri di New York, Washington, Boston, Chicago, San Francisco e Los Angeles. E nel resto del mondo canzoni come «Genova per noi» o «Gelato al limon» sono amate quanto qui, dalle nostre parti. A Parigi poi, Conte è persino adorato al di là dell’immaginabile. Recentemente l’attrice e cantante francese Jane Birkin è riuscita a convincerlo a registrare un duetto con lei per un nuovo album tutto a due voci. A quel che ci risulta è la prima volta che Conte si concede a operazioni del genere, senza per questo rinunciare minimamente al suo stile.

Lui resta un signore d’altri tempi, un po’ blasé. Un jazzista mancato che suona con eccezionale senso dello swing, un autore dalla mano felice che conosce le chiavi d’accesso di tutte le melodie e usa le parole con grande misura e straordinario senso poetico.

(15/04/2004)

© RIPRODUZIONE RISERVATA