Il festival di Locarno premia Olmi

In un piccolo paese di montagna, dove la vita si svolge quieta ed operosa, alcuni operai, nell’abbattere un albero, provocano l’interruzione di una linea elettrica, al cui ripristino si accingono alcuni tecnici che, raggiunto il luogo dell’incidente, si impegnano nelle varie fasi della difficile riparazione. Dei minatori sono al lavoro per aprire una galleria nelle viscere di una montagna, una «finestra» per incanalare l’acqua di un torrente in una condotta forzata, attraverso la quale sarà avviata a valle per mettere in moto una potente turbina per la produzione di energia elettrica. Sono le «storie» di due documentari, La pattuglia del Passo San Giacomo e Manon finestra due, realizzati nel 1954 e nel 1956 da Ermanno Olmi e che saranno proiettati questa sera in Piazza Grande con Cantando dietro i paraventi al Festival del cinema di Locarno dopo la consegna al regista bergamasco del «Pardo d’onore», un riconoscimento destinato in passato ad altre personalità della «settima arte», fra cui Gian Maria Volonté, Ennio Morricone e Bernardo Bertolucci.

Opere, i due documentari, lontane da intenti celebrativi e prive di slanci retorici, testimonianze dell’attività di umili ed anonimi individui, protagonisti di vicende corali, raccontate con modi e ritmi, grazie ai quali prende risalto la naturalezza «familiare» nell’uso della cinepresa. Un impiego che rifugge da preziosismi, dalla ricerca di stupefacenti inquadrature e di angolazioni ardite, che mira ad una «naturale», eloquente esposizione di una vicenda secondo un preciso punto di vista.

Una scelta, espressiva e di contenuti, perseguita da Olmi in tutte le sue opere (anche in quelle meno riuscite, come Lunga vita alla signora! e Il segreto del bosco vecchio ), attraverso Il tempo si è fermato , Il posto , I fidanzati , E venne un uomo , la saga contadina L’albero degli zoccoli , l’allegorico e problematico Cammina cammina , alcune pellicole poco conosciute (Un certo giorno , Durante l’estate , La circostanza ), i televisivi saggi sulla storia (Le radici della libertà , Nascita di una formazione partigiana , Alcide De Gasperi ) ed il biblico Genesi: la Creazione e il Diluvio. Una scelta sostenuta da una coerenza umanistica, in equilibrio fra stimoli neorealistici, cultura contadina e suggestioni oniriche, una scelta che trova la sua compiuta espressione ne Il mestiere delle armi e in Cantando dietro i paraventi , le cui immagini e sequenze, depurate in parte dalla loro drammaticità, rafforzano la drammaticità dell’insieme.

Raffigurando in scandite sequenze un evento storico (la calata dei Lanzichenecchi in Italia nel 1526, contrastata dagli uomini in armi di Giovanni dalle Bande Nere) e calando in un’atmosfera fra il realistico e il fiabesco le imprese di una vedova-pirata cinese, vissuta fra il 700 e l’800, Olmi presenta come noti e, al tempo stesso, estranei, personaggi, vicende ed ambienti attivando nello spettatore una partecipazione, un contegno attivo e critico, estraniandolo da ciò che appare sullo schermo e, contemporaneamente, costringendolo ad una riflessione, ad una «naturale», spontanea, più ampia comprensione di quanto si cela dietro il «mestiere delle armi» e di come si possa escluderle nella risoluzione di estreme situazioni. Una folgorante distanziazione, una straniante familiarità, che, per certi versi, rimandano al «lehrstucke», al teatro di Bertold Brecht.

(09/08/2004)

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