Il «dolore dopo»,  in mostra
nelle sculture di Vittorio Bellini

Le sculture dell’artista Vittorio Bellini esposte in questi giorni presso il Centro culturale S. Bartolomeo e che hanno per titolo «Il dolore, dopo», meritano una analisi che poche righe non possono esaurire completamente, tanti sono i concetti e i valori artistici delle opere stesse sia sul piano estetico e su quello dei contenuti a carattere spirituale che l’autore vuol manifestare.
Lasciamo all’osservatore il compito di leggere il saggio introduttivo a questa rassegna scritto da Franco Moro, al quale fanno seguito altre «note» di autorevoli critici d’arte pubblicate nel ricco catalogo illustrativo dato alle stampe per la ricorrenza. A noi basta qualche breve, se pur incompleto accenno.
Cosa vogliano significare queste sculture con il loro «dolore, dopo», è facilmente comprensibile. Il dolore, fisico o morale che sia, oggettivamente parlando lascia nell’animo di chi lo ha «provato» e «superato», una traccia incancellabile. Infatti, come dice un noto proverbio «il soffrire passa, ma l’aver sofferto non passa». E l’attenzione principale di chi si sofferma di fronte alle sculture di Vittorio Bellini, in definitiva inizia e si conclude nella «visione» del Cristo che, «dopo» la sua morte, rimane fra noi ancor più vivente di prima. È un messaggio che ci tocca da vicino, nella contemplazione di quel dolore salvifico che l’Uomo-Dio, Cristo appunto, ha sofferto per la redenzione dell’umanità. Quel dolore rimane immutato anche «dopo» la crocifissione, e attorno a sé raccoglie tutti i dolori degli uomini, sia del passato (i personaggi dell’Antico Testamento che compaiono nella mostra) come del presente, dolori raffigurati in noi che ci ritroviamo «nascosti», perché impossibile identificare tutti i sofferenti del mondo, sotto il velo che copre le figure delle «pie donne», le quali stanno a rivolgere al Cristo morto e depositato dalla croce il loro compianto.
Non sappiamo quante lacrime scorrono su quei volti che non si vedono, ma sappiamo che esistono e che sono testimonianza di un dolore la cui presenza è indice di un «dopo» che non renderà mai vano il dolore sofferto.
Il dolore, inoltre, entra nell’intimo dell’animo umano, lo trafigge, lo straccia, lo umilia, ed ecco l’immagine simbolica raffigurata nella materia della quale si serve Vittorio Bellini per realizzare le sue «figure», semplice tela di iuta o di quant’altro, cemento e sabbia, a significare una realtà che tocca tutti noi.
Disperazione, ribellione, ostracismo per ogni forma di dolore? No. Vittorio Bellini nulla intende né vuole in tal senso. Egli guarda al «dopo» e invita a sperare nella assoluta certezza che, come è stato per Cristo, «dopo» le tenebre della sofferenza e della morte, spunterà fulgida la splendida luce del gaudio e della felicità, la splendida luce della risurrezione.
Lino Lazzari

Durata della mostra
: fino al 10 aprile
Orari: tutti i giorni dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19.
Centro culturale S. Bartolomeo, largo Belotti 1, Bergamo.

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