Il ritorno della «Vedova allegra»

Il ritorno della «Vedova allegra»Ritorna al Donizetti, mercoledì 9 aprile alle 20.30, la regina delle operette, ovvero sia «La vedova allegra» di Franz Lehàr, che vede le luci della ribalta da quasi cent’anni. E’ il secondo e ultimo titolo, dopo «La principessa della czarda», vista in febbraio, del mini-cartellone della piccola lirica.

Per questa stagione lectio brevis. Sarà di scena la compagnia torinese Alfa Folies-Agiesse, che due anni fa non sfigurò con «Una notte a Venezia» e «Al cavallino bianco».

Protagonisti Lorena Campari (Hanna Glavari) e Massimo Pezziti (conte Dànilo). Dirige l’orchestra il maestro Vincenzo Latorre e il coro il maestro Santo Capuano. La regìa è di Cesare Goffi.

Rappresentata per la prima volta a Vienna nel 1905, giunta in Italia nel 1907, «Die lustige witwe» è considerata la migliore operetta di Lehàr (1870-1948) e sicuramente tra le più riuscite del teatro operettistico mondiale.

Il libretto di Victor Léon e Leo Stein, tratto dalla commedia di Henry Meilhac «L’attaché d’ambassade», offre un ambiente moderno a un’avventura decisamente fiabesca.

La gioconda Hanna Glavari se la spassa a Parigi, benché vedova (ma allegra), mentre la sua piccola patria, lo staterello balcanico del Pontevedro, rischia di essere sbancato dalla totale penuria di conquibus. Fermate quella vedova! Ha ereditato dal marito banchiere cento milioni di dollari (all’inizio erano venti milioni di franchi…), depositati nelle banche del traballante Pontevedro, che non devono assolutamente abbandonare poiché possono salvare le finanze allo sfascio.

Si, ma come fare a convincere Hanna a tornare a casa? Semplice, o quasi. Si mette sull’allerta l’addetto d’ambasciata, conte Dànilo (accento sull’a) Danilovich che, pure lui nella Ville Lumière, anziché curarsi degli affari di Stato passa le notti con le allegre donnine – Lolò, Dodò, Joujou, Frufru, Cloclò, Margot – di Chez Maxim’s.

Sospira: «La cara patria mia dimenticar mi fan!». Dànilo ha già filato con Hanna la matassa dell’amore: può darsi, anzi è d’obbligo, che ne ritrovi il filo abbandonato per vicende avverse. L’ordine è categorico: sposare Hanna e lasciare in cassa i soldi. Quando si dice la politica! L’operazione non si risolverà alla prima portata e neppure alla frutta. Bisognerà arrivare allo champagne. Hanna e Dànilo si erano sì amati in passato ma poi lei ha preferito l’anziano ricco banchiere, che ha sposato, al giovane povero addetto d’ambasciata, che ha lasciato. Adesso lei fa la sostenuta e lui l’offeso. Nessuno dei due vuole fare il primo passo verso la riconciliazione ma il folletto dell’amour è chiaramente nell’aria e così, dopo una finta tresca di lei, vedova scaltra oltre che allegra, per far ingelosire lui, il gioco va a buon fine. Resta che «E’ scabroso le donne studiar…Donne, donne, eterni dèi…Son dell’uomo la disperazion…!».

Alla fine tutti i personaggi si trasferiscono da Chez Maxim’s dove, si diceva allora che, tra le volute dei valzer, si verificasse "l’union du chic et du chèque". Con i guanti bianchi e il frac, s’intende.

(06/04/03)

© RIPRODUZIONE RISERVATA