La Gamec celebra l’estro creativo di Jan Fabre

La Gamec celebra l’estro creativo di Jan Fabre Follia, malattia, morte e metamorfosi nel mondo fantastico di Jan Fabre (Anversa, 1958): sarà un artista del tutto particolare, per formazione e per lavoro, il protagonista della mostra «Gaude succurrere vitae» che il 17 aprile si aprirà alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo.

Fabre è infatti uno dei più importanti e versatili artisti contemporanei belgi: disegna, dipinge, scolpisce, è drammaturgo e coreografo. Ogni linguaggio è infatti per il fiammingo un originalissimo crogiolo dove arte, scienza, spiritualità, magia e memoria si mescolano e si fondono in una metamorfosi che è metafora del suo stesso operare.

La mostra bergamasca, in particolare, realizzata dalla Gamec insieme al Museo S.M.A.K. di Gand (Belgio), al Musée d’Art Contemporain di Lione e alla Fundaciò Joan Mirò di Barcellona, illustrerà il percorso artistico di Fabre attraverso 200 disegni e 10 tra film e video-installazioni dal 1977 al 2001, creando nelle sale della Galleria, secondo un allestimento curato dallo stesso artista, un suggestivo itinerario espositivo che fa interagire aspetto filmico e grafico, mettendo in luce la continuità della ricerca artistica di Fabre dal punto di vista formale ma anche tematico.

Nei disegni, fatti con sangue, lapis, inchiostro cinese, penna bic, come nelle pellicole, che Fabre considera come enormi disegni, illuminati e in movimento, ricorrono tre principali metafore: il corpo, gli insetti (l’artista è nipote del famoso entomologo francese Jean-Henry Fabre) e la guerra. Il mito eterno della rigenerazione nel mondo della natura e nella condizione umana si esprime dunque nell’immagine di un corpo che danza, come quello, dipinto, del ballerino Win Vandekeybus in «Body, body on the wall», oppure rivestito di coleotteri imbalsamati, veri e propri gusci di memoria. Ancora più sorprendente è vedere Fabre vestito da scarabeo dialogare su una terrazza di New York con Ilya Kabakov, padre del Concettualismo moscovita, abbigliato da mosca. Non è raro nel lavoro di Fabre che anche le architetture indossino una nuova pelle, come è accaduto a Palazzo Tivoli, completamente ricoperto di disegni realizzati con una penna sfera a inchiostro blu, o al soffitto della sala degli specchi del palazzo reale di Bruxelles decorato con il guscio di almeno un milione di scarabei.

E’ così che Fabre traghetta nel mondo contemporaneo i temi cari alla tradizione fiamminga e lo spirito nordico di Bosch, Van Eyck e Bruegel.

(22/03/2003)

© RIPRODUZIONE RISERVATA