Maranno festeggia 30 anni di mostre

Maranno festeggia i trent’anni dalla prima mostra personale, tenuta nel 1973 alla Galleria Marcona di Milano, con una mostra che fino al 13 novembre ,attraverso dipinti, disegni e acqueforti, ripercorre nella sede del Circolo Artistico Bergamasco, in via Malj Tabaianj 4, il suo itinerario artistico.

Un percorso quello di Marcello Annoni che, nato fin dalla fanciullezza nello studio paterno (Maranno infatti è lo pseudonimo adottato per non sfruttare il nome del padre, il noto pittore Severino Annoni), ha presto rivelato alcune «cifre» espressive ben precise e personali.

Difficile di fronte a un quadro di Maranno non riconoscere la personale impronta dell’autore fondata su alcune, non facili, scelte tecniche e tematiche. Innanzitutto la ferrea coerenza al linguaggio figurativo in un panorama artistico che ha visto l’esplosione del segno astratto e istintuale a costo di stravolgere la forma e i suoi valori, nella convinzione che compito primo dell’arte sia quello di suggerire, comunicare, intrecciare dialoghi e scambi di emozioni con il cuore dello spettatore.

Un obiettivo che Maranno persegue innanzitutto armonizzando la lucida visione del reale con la libertà di un segno fresco e rapido che filtra l’immagine attraverso memorie, sentimenti e sogni: "Così la "visione" del soggetto proposta da Maranno si amplifica e, pur con un’immagine pittorica ben definita e più che mai comprensibile, gli spazi acquistano respiro" scrive don Lino Lazzari nella bella monografia del pittore pubblicata in occasione del trentennale. Una forza comunicativa che deriva anche dalla frequentazione costante e caparbia di alcune tematiche e della loro carica simbolica: le atmosfere contemplative dei boschi; la bellezza fresca e lussureggiante dei fiori; il mistero silenzioso dei fondali marini; l’oro dei campi di grano ispirati alla crisi mondiale del grano del 1980; i cromatismi lirici dei tramonti africani divisi tra aride icone naturali della miseria e miraggi di benessere che fanno capolino all’orizzonte; il fascino imperioso e tempestoso delle montagne e quella furiosa lotta tra i galli che racconta di una quotidianità sempre in competizione. Lo stesso segno che si distende negli abissi del mondo sommerso, si arrovella capriccioso nei cieli nuvolosi e si increspa nervoso tra i petali dei fiori o tra le piume nere dei galli, si ritrova infine nei disegni pronti a cogliere la trama profonda della città di Bergamo nelle linee, cariche di storia e memoria, delle sue architetture.(11/011/03)

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