Varici, una malattia in rosa: ne soffre il 35% delle donne

CHIRURGIA VASCOLARE. La prima cura è quella medica. La sala operatoria viene invece riservata ai casi in cui si presentino particolari complicanze.

Tra le malattie che fanno parte dell’insufficienza venosa cronica ci sono le varici. Ci riferiamo qui alle varici agli arti inferiori e, in particolare, a carico delle vene safene. Colpiscono il 35-40% della popolazione soprattutto femminile, potendo superare il 40% nelle donne oltre i 50 anni. Lo spiega Davide Foresti, chirurgo vascolare che collabora con Politerapica di Seriate.

La vena si dilata

Le varici possono essere definite come una dilatazione permanente di una vena che assume un decorso tortuoso e le sue pareti subiscono un’alterazione associata ad infiammazione. Le sue cause sono soprattutto genetiche e quindi la familiarità è un elemento da considerare. Possono però essere anche favorite da attività lavorativa sedentaria, assetto ormonale (sono note le varici post gravidiche), sovrappeso e fumo. Le varici potrebbero essere anche conseguenza di altre patologie come la trombosi venosa profonda e la malformazione arteo-venosa (questa è la più rara). Lo specialista, in fase di diagnosi, dovrà distinguere tra le diverse cause perché ognuna avrà un diverso percorso terapeutico.

Non sempre solo estetico

Il problema è quasi sempre solo estetico, prosegue il dottor Foresti. A volte però si manifesta anche con sintomi come pesantezza, edema, gonfiore. Nei casi più importanti, possono presentarsi anche formicolii e crampi notturni. Questi ultimi andranno indagati con attenzione. Spesso, infatti, possono essere dovuti a infiammazioni dei nervi e sarà quindi importante la collaborazione con colleghi Fisiatri. Come si vede, anche per le varici si applica l’approccio multidisciplinare intorno al paziente. Ci sono poi anche possibili complicanze. Queste possono essere flebite, nel 3% dei casi, emorragie o ulcerazioni, entrambe in circa lì’1%.

Il ruolo dell’ecocolordoppler

La diagnosi è clinica ed è importante l’esame con ecocolordoppler. Questo strumento permette di comprendere in modo corretto la causa delle varici e quindi il miglior trattamento terapeutico. L’ecocolordoppler diventa poi indispensabile allo specialista per impostare l’adeguato approccio chirurgico. Il Doppler, infatti, è uno strumento che permette di valutare in modo rapido, efficace e riproducibile la emodinamica delle vene superficiali e scegliere il trattamento più idoneo e mirato. Ogni chirurgo vascolare deve quindi essere anche un abile ecografista e deve eseguire sempre in prima persona questo esame insieme alla diagnosi e alla pianificazione dell’intervento.

Terapia medica e chirurgica

La prima cura per le varici è quella medica. Prevede l’adozione di gambaletto elasto-compressivo e di integratori a base di flavonoidi, oxerutina, centella, centella asiatica e cumarina. Questi hanno lo scopo di limitare la componente infiammatoria che sta alla base dei sintomi. La terapia deve essere portata avanti per 2-3 mesi per accertarne l’efficacia.

La chirurgia viene riservata ai casi in cui si presentino le complicanze o quando i sintomi non diminuiscono con la terapia medica. Come già accennato, le cause di questa patologia sono soprattutto genetiche. È quindi necessario spiegare al paziente che, dopo un intervento chirurgico, rimane la possibilità di recidiva. Le casistiche più pessimiste parlano del 30% dei casi a 10 anni dal primo intervento.

L’approccio chirurgico può essere di due tipi: conservativo o ablativo. È ablativo quando si asporta la vena o quando la si oblitera (la si chiude). È invece conservativo quando si preserva il patrimonio venoso. Parliamo di approcci basati su metodiche di stripping, ablazione con laser o radiofrequenza e scleroterapia tradizionale.

Nuove metodiche chirurgiche

Nella terapia chirurgica si aprono oggi nuovi scenari con grandi vantaggi per il paziente, precisa Davide Foresti. L’innovazione principale degli ultimi anni è rappresentata dalle tecniche endovascolari di chiusura meccanica e chimica di segmenti delle safene. Sono tecniche che rivoluzionano il tradizionale approccio sclerosante e rispetto a questa migliorano molto gli effetti a lungo termine. Il primo vantaggio è che le nuove metodiche permettono di essere eseguite anche in ambiente ambulatoriale. Gli altri vantaggi non sono meno importanti. Queste nuove metodiche permettono infatti una rapida ripresa dell’attività quotidiana insieme alla significativa riduzione dei fastidi e della comparsa di ematomi dopo l’intervento. Sono uno strumento importante nelle mani del chirurgo che le conosce. Questo gli permette infatti di scegliere il trattamento più indicato per quella specifica malattia di quella specifica persona, conclude il Dott. Foresti.

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