Ferragosto tra steppe
e campi di girasole

INYA (RUSSIA) Ferragosto al Mongol Rally? Nelle steppe infinite del Kazakistan e al confine con la Russia: sei ore in totale per districarci dalla mostruosa burocrazia di frontiera. Ma la Mongolia è ormai all’orizzonte, domenica abbiamo dormito in uno sperduto e minuscolo villaggio tra le montagne della Russia nei dintorni di Inya e soltanto 200 km ci separano dal confine.

Dovremmo entrare in territorio mongolo lunedì 17 agosto, ma il condizionale è inevitabile considerato che le notizie via email e sms parlano di code colossali, con decine di team ammassati, e l’eventualità di dover attendere pesino 24 ore non è remota, anche perché nel weekend al confine mongolo non si lavora e dunque ci sarà traffico extra da smaltire. Siamo un po’ stanchi, noi e la Panda senzafreni», in tre giorni abbiamo macinato 2.300 km e non potremo riposarci perché dobbiamo tentare di arrivare venerdì 21 a Ulaanbaatar. Sarà quasi impossibile, ci penseremo.

Intanto, la piccola Fiat, che in un mese ha percorso 11.544 km, sta rivelando inattese doti di resistenza. C’è il problema della guarnizione della testata che probabilmente è quasi ko, anche se non si è più accesa la spia del motore. Abbiamo aggiunto all’acqua del radiatore uno speciale liquido che dovrebbe otturare la falla nella guarnizione e i primi risultati sembrano positivi. Inoltre la sospensione che abbiamo saldato perde olio, ma in generale non possiamo assolutamente lamentarci. Incrociamo le dita perché non abbiamo nessun pezzo di ricambio e la Mongolia è un’incognita totale. Mercoledì 12 agosto temevamo un tappone infernale tra Osh e Bishkek e invece abbiamo scoperto nel nord del Kirghizistan splendide strade asfaltate. Talmente scorrevoli che è scoppiato un mini-rally tra noi e il Panda Khan Team. Loro hanno esagerato sbeffaggiandoci, però hanno dovuto pagare una multa per eccesso di velocità...

I nostri rivali, in preda a un raptus agonistico, non si sono fermati nemmeno a un successivo posto di controllo, noi sì, ma la polizia voleva multare proprio noi. Un poliziotto aveva la traduzione in inglese dell’infrazione che la combriccola si era inventata per succhiarci dollari e me la stava recitando, ma io l’ho stoppato subito dicendo che era un’accusa inesistente. L’avevano sparata così grossa che hanno dovuto desistere. Frutti di bosco e miele in vendita ai bordi della strada, i nomadi kirghizi abitano nelle yurte o in vagoni ferroviari. Ma non vanno solo a cavallo. Un passo a 3.586 metri con la Panda sempre in seconda nei numerosi tornanti e, infine, la capitale Bishkek. Abbiamo deciso di cenare, per la prima volta nel raid, in un ristorante italiano perché non ne potevamo più di shashlyk, i tradizionali spiedini di carne della cucina centroasiatica. All’Adriatico Paradise ci ha accolto lo chef Walter Barbaresi, un vulcanico pesarese, che è volato tra i fornelli e ci ha presentato un tris favoloso di primi piatti: pennette all’arrabbiata, ravioli e strozzapreti. Ci siamo commossi...: era da Istanbul che non godevo così a tavola. Verso l’una di notte puntatina in una sauna. Ero scettico sull’idea di un massaggio, ma mi sono ricreduto. Un massaggiatore mi ha torchiato e sono rinato con un doppio massaggio sale e miele, condito da «frustate» con rametti di quercia mentre ero «sotto sale» nella sauna. Nulla di sadomaso o di sconveniente, beninteso. Quanto alle offerte più allettanti della sauna..., io ho deciso di non sperimentarle.

Giovedì 13 era in programma l’entrata in Kazakistan, ma volevamo sistemare la guarnizione della testata. La sensazione di incompetenza dei meccanici ci ha tuttavia indotto a non intervenire sul motore. La giornata era però ormai persa, anche se abbiamo immagazzinato una quantità industriale di primi piatti e prelibatezze varie, riserva preziosa per le vacche magre dei prossimi giorni, e ascoltato i racconti di Walter sulla vita in Kirghizistan: un Paese dove regna la prepotenza dei forti e l’arte di arrangiarsi di chi è debole. Del resto, tutte le ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale sono governate da presidenti megalomani che azzerano inesorabilmente l’opposizione e vincono le elezioni con maggioranze bulgare. Sfruttando il loro potere per accumulare enormi ricchezze. E’ venuto il momento di salutare il Panda Khan Team che aveva più tempo da dedicare al Kirghizistan. Un abbraccio a Michelangelo e Andrea, simpatici e solidali compagni d’avventura. Non ho potuto invece rivedere, dopo qualche anno, il bergamasco Domenico Mocchi, che ha sposato una kirghiza ed è una guida turistica, specializzata in tour a cavallo: era fuori Bishkek per lavoro.

Venerdì 14 Kazakistan. Nel 2001 ero stato praticamente sequestrato dai militari kazaki in quanto mi ero rifiutato di pagare 100 dollari senza motivo (alla fine li avevo scuciti per riavere la libertà). Stavolta nessun grattacapo, se non quello di compilare moduli scritti in cirillico senza il minimo riferimento all’inglese. Ci ha aiutato un funzionario gentile, a cui abbiamo dato spontaneamente 5 dollari, al contrario della sua giovane collega a fianco che forse lavorerebbe solo con tre Brunetta ad alitarle sul collo. Appena entrati abbiamo stipulato un’assicurazione per l’auto: l’equivalente di 2,5 euro per cinque giorni di copertura. Un poliziotto-squalo ha tentato di fregarci con l’autovelox, ma non ci ha ingannato. Non abbiamo ancora pagato una multa, giusta o fasulla, è da record del mondo. Il Kazakistan, nono Paese più esteso del mondo (ma con un quarto di popolazione dell’Italia), si è subito svelato: steppe sconfinate e il nulla, se non i pali dell’elettricità, fantasiosi cimiteri, corvi inquietanti e distributori di carburante. Fuori dalle città non esiste vita. Essendo in ritardo, abbiamo rinunciato a malincuore alla visita all’ex capitale Almaty, stuzzicante metropoli di stampo europeo. Un forte vento ha frenato per molti km la Panda che però non ha mollato. Ci siamo fermati per uno spuntino in un ristorantino sulla strada: muro contro muro per la lingua. Sono dovute intervenire cinque donne, tra le addette alla cucina e le cameriere, per capire che volevo semplicemente un panino imbottito.

Sabato 15 la continuazione della cavalcata nel nulla del Kazakistan, Beh, qualcosa c’è. Come Semey, la città in cui avremmo dovuto dormire il giorno precedente, tristemente famosa per essere stata la sede (il poligono era a ovest del centro abitato) di esperimenti nucleari: sono esplose addirittura 460 bombe, l’ultima nel 1989. Si può immaginare quali siano state le conseguenze per le radiazioni. Ora chi vi passa non è considerato a rischio, ma noi l’abbiamo attraversata nel minor tempo possibile. Dopo Semey, finalmente un panorama diverso, sono spuntati i boschi. Durante la mattinata avevamo visto la Panda 4x4 «Sbanda» ferma e sofferente (aveva perso la molla di un ammortizzatore), ma i due componenti del team erano comunque su di giri, anche perché avevano appena scoperto nel prato una piantina di «maria».... Prima del confine ci ha superato la Panda 4x4 «Pappardelle» incrociata a Dushanbe, quando era ai box. Le due Panda italiane viaggiavano insieme e con loro c’era pure una Renault 4 che ha disertato per guai meccanici e di salute di un partecipante al rally, ed è stata venduta in Tagikistan per 500 euro (era costata 200). Lentezza esasperante al confine kazako, con una lunga attesa in auto (dove è stato consumato il primo e unico pasto della giornata di Ferragosto alle 16,30: tortina dolce e birra), idem al confine russo dove un militare non ha avuto remore nell’informarci che prima sarebbero passati tutti i suoi connazionali, noi per ultimi. Quando ci ha visto spalmare la nutella, temendo che magari volessimo campeggiare lì, ha alzato subito la sbarra. Formalità nella norma ma rapide, documento per l’importazione temporanea del veicolo, zero controlli nell’abitacolo, mentre per l’assicurazione dell’auto avevamo pagato prima di entrare 30 dollari per 15 giorni di copertura.

Domenica 16 la sorpresa russa. Ero passato da Novosibirsk e dalla Siberia nel 2006 e il ricordo era di squallore e di monotonia assoluti: casermoni, betulle, betulle e ancora betulle. Non conoscevo l’area al confine ovest con la Mongolia ed è stata una scoperta stupefacente. Campi di girasole e di fiori bianchi, terra marrone molto fertile, prati verdi in alternanza a quelli giallino fieno che popolano il Kazakistan. E ancora boschi, foreste e montagne, fiumi e torrenti in cui fare rafting. Mercatini sulla strada con tanta frutta e verdura in esposizione, villaggi con casette in legno e finestrelle azzurre, città gradevoli, lontane da quelle di stampo sovietico. Abbiamo percorso 793 km, record del nostro Mongol Rally. Tè bollente per riscaldarci e notte nel villaggio di cui non so nemmeno il nome: scrivo nel silenzio più assoluto. Fuori il cielo è blu scuro, uno spicchio di luna e le stelle vegliano sulle montagne e su di noi. Queste sono le notti più belle, in cui ci si riconcilia con il mondo, con la terra e con la vita. La Mongolia ci attende.

Marco Sanfilippo

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