Zinco e piombo in Val del Riso: le estrazioni porterebbero 100 posti di lavoro

Buoni risultati dalle indagini geologiche. Il sottosuolo è ancora ricco di minerali. Le estrazioni se avviate potrebbero dare lavoro a cento dipendenti.

È confermato, il minerale c’è, ricco e abbondante. Nelle Prealpi Bergamasche c’è una fascia, con andamento est-ovest, ricca di minerali non ferrosi, chiamata genericamente «Metallifero bergamasco», mentre sui testi scientifici è classificato come «Distretto a piombo, zinco, fluorite e barite di Gorno».

Tale nome è dovuto al fatto che sul territorio di questo comune sono avvenuti antichi scavi e lavorazioni dei metalli, dove poi, tra Ottocento e Novecento, si sono insediati gli uffici ed i principali impianti di lavorazione del minerale, tanto da prendere la denominazione «Miniere di Gorno». Fatti salvi i nomi scientifici e storici, che vanno salvaguardati, il giacimento attraversa tutta la Bergamasca, sconfinando a est nella Valle Camonica e a ovest nella Valsassina, e i Comuni principalmente interessati negli anni dai relativi lavori minerari sono stati Gorno, Oneta, Oltre il Colle, Dossena, Premolo e Parre, e marginalmente San Giovanni Bianco, Camerata Cornello, Valtorta e Colere. I minerali presenti sono nati dall’acqua e dal fuoco, precisamente in un mare poco profondo in cui più bocche vulcaniche eruttavano magma in continuazione, ecco perché si presentano in «colonne» che dalla superficie scendono più o meno perpendicolarmente verso il basso.

Ne è una prova la «formazione di Gorno», conglomerato geologico ricco di fossili marini.

Qui hanno operato aziende che hanno fatto la storia dell’attività mineraria, sia straniere, quali l’inglese Crown Spelter e la belga Vieille Montagne, che le tante italiane come la Modigliani di tre fratelli, tra cui il papà del noto artista; per poi giungere a società pubbliche italiane.

La chiusura negli anni ’80

Nel giacimento, oltre a quelli indicati nella sua denominazione geologica, si trovano anche altri metalli, tra cui rame, cadmio e argento. I primi due, dopo l’avvio dello stabilimento elettrolitico di Ponte Nossa (1952), sono stati estratti e commercializzati, mentre per l’argento, già scoperto in epoca romana, non è stato ancora trovato un metodo conveniente per la sua estrazione data la minima percentuale presente.

Per quanto riguarda lo zinco ed il piombo non è da adesso che i minatori del posto sapevano quanto il giacimento ne fosse ricco: le miniere non sono state chiuse per mancanza di materia prima, ma per scelte politiche.

Già negli anni Settanta vi fu un tentativo di chiusura delle miniere a cui si opposero strenuamente i minatori e le Amministrazioni locali con manifestazioni anche in quel di Roma, davanti al Parlamento, ottenendo il rilancio dell’attività estrattive con un piano di ricerche e di ammodernamento delle gallerie e degli impianti. Si ampliò la galleria «Ribasso Riso Parina» lunga dodici chilometri e mezzo, la spina dorsale delle miniere di Gorno; si scavò un fornello (galleria verticale) di circa quattrocento metri per unire i giacimenti della Val Parina, a quote superiori, con quelli a livello del torrente Riso (Gorno); si fecero importanti ricerche che misero in luce ricche colonne di minerale, che poi furono mascherate. Ciò avvenne nel 1982 nel disinteresse quasi totale delle Amministrazioni locali dell’epoca. Dopo di allora chiesero la concessione mineraria due società italiane, la Cattaneo e la Bergem Mine. Da pochi anni sono subentrate nella concessione società internazionali specializzate nel settore. Prima la «Energia Minerals» dal 2016 e dal 2019 la «Alta Zinc Ltd», società con sede principale a Perth (Western Australia).

Prospettive occupazionali

La nuova concessionaria ha iniziato la campagna di perforazione dal novembre 2019 nella zona di Pian Bracca a partire dal livello 990 della miniera, detto anche «Livello Piazzole», sondaggi con uno sviluppo di nove chilometri. I primi interventi hanno riguardato la «Colonna Zorzone», già nota dagli anni Settanta. Le sonde per la maggior parte della campagna hanno funzionato a pieno regime (sia di giorno che di notte). Ogni sonda è gestita da una squadra di minatori composta da un driller (perforatore) e da due o tre off-siders (aiutanti). L’assegnazione ufficiale dei lavori preparatori è stata confermata alla Edilmac dei fratelli Maccabelli di Gorle, ditta specializzata nella realizzazione di gallerie e pozzi, quali, ad esempio, quelli eseguiti per l’areazione del tunnel della Manica.

Il personale della società australiana ha uffici a Oltre il Colle ed è composto da quattro geologi, un ingegnere ambientale, due amministrative che si alternano anche nell’ufficio di Gorno. Al cantiere di Zorzone sono mediamente impiegati 12 operai e un capocantiere della Edilmac di Gorle; vi operano anche consulenti esterni. Dopo questa fase saranno studiate le colonne mineralizzate del Basso Riso (Gorno e Oneta), già esplorate da precedenti campagne di ricerca.

Per quanto trovato ad oggi, si prevede il lavoro per quindici anni per circa cento dipendenti. Trattasi di una fase molto importante che potrebbe incontrare delle difficoltà poiché la laveria non potrà essere collocata a bocca miniera, dove ci sono i resti di quella vecchia che però non fa più parte del demanio minerario. La scelta potrebbe essere la costruzione dell’impianto industriale in sotterraneo.

«Risultati soddisfacenti»

Precisa Giulia Domenighini, geologist di «Alta Zinc»: «La campagna esplorativa ha subito un forte rallentamento a causa della pandemia. La fase di elaborazione dei dati, seppur con qualche difficoltà, è stata invece portata avanti a distanza. Riaperto il cantiere, sono stati eseguiti rilevamenti con risultati particolarmente soddisfacenti. Le perforazioni non si sono arrestate ed è già stato pianificato un programma di esplorazioni che andrà a coprire tutto il 2022».

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