Candelaria Romero: «Narrare storie è raccontarsi, ascoltare gli altri e coltivare la pace»

L’intervista Di origini argentine , è a Bergamo da 30 anni ed è sempre in giro per il territorio con le sue narrazioni, i volontari delle biblioteche e un mondo di storie e di teatro ricco di fascino. E di relazioni.

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Si definisce teatrante, ma è anche regista, autrice e narratrice. Candelaria Romero si racconta a L’Eco di Bergamo Incontra: «Narrare - spiega - significa relazionarsi, entrare nei panni degli altri: abbiamo delle storie che ci appartengono e appartengono un po’ a tutti e narrare significa coltivare il dialogo, l’ascolto: significa coltivare la pace».

Nata in Argentina in una famiglia di scrittori, è cresciuta tra la Bolivia e la Svezia ed è nella Bergamasca da 30 anni. Capisce bene il bergamasco. «Sono arrivata qui che avevo 19 anni, lo so anche parlare questo dialetto bellissimo - sorride -. Sono arrivata nel 1992 e ho subito fatto teatro ai bambini nelle valli». E aggiunge: «Bergamo assomiglia alla mia città natale: amo stare qui, abito nel verde di Valtesse, Bergamo è la città del mio cuore».

La Bergamo del futuro? «Ancora più inclusiva, soprattutto per quanto riguarda le disabilità più invisibili». E mentre è pronta per il nuovo spettacolo «Rosmarino», dedicato a due artisti argentini, continua con le narrazioni del Circolo dei narratori di Bergamo, a cura del Cerchio di Gesso con gli amici Nadia Savoldelli e Camillo Carboni. In tutto sono 140 volontari culturali tra città e provincia che prestano la loro voce nelle biblioteche comunali.

Candelaria nella sua vita privata? «Sono una mamma di fretta, che cerca di stare dietro alle narrazioni dei figli e del marito, e vuole stare con la sua mia grande famiglia - aggiunge -.Vorrei occuparmi sempre di più di fare le cose senza fretta: da grande - ride - vorrei diventare,,, una lumaca, per avere il tempo di fermarmi e guardare questa bella città».

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