Covid, l’incidenza di nuovi casi in Bergamasca è tra le più basse d’Italia

La nostra provincia conta 21 nuovi casi settimanali ogni 100 mila abitanti, meglio solo Isernia e Campobasso. Pregliasco: «Maggiore immunità e consapevolezza. Bisognerà prestare attenzione al colpo di coda dell’autunno».

Sulla mappa del contagio, Bergamo è tra le macchie più chiare. Sembra una costante, dopo la violentissima prima ondata che consegnò il territorio orobico alla tragedia: ma ora, alla quarta burrasca del virus, la Bergamasca si conferma tra i territori a maggior tenuta stagna, analogamente a quanto successo anche lo scorso autunno e – in maniera meno marcata – in questa primavera. La classifica della maggior incidenza settimanale del virus, secondo i dati aggiornati a martedì sera, proietta Bergamo al terzultimo posto tra le province italiane : ed è virtuoso essere in coda, in questo caso, perché vuol dire che solo altri due territori presentano al momento una circolazione virale più circoscritta . L’incidenza orobica si attesta infatti a 21 nuovi contagi settimanali ogni 100 mila abitanti (più precisamente a 20,9), valori inferiori si osservano solo nelle province di Campobasso (20,5 nuovi contagi settimanali ogni 100 mila abitanti) e di Isernia (16), mentre tutti gli altri spicchi d’Italia presentano dati peggiori: quello lombardo è a quota 35, quello nazionale a 76, in testa con valori altissimi ci sono i vari angoli della Sicilia (Caltanissetta a 322, Ragusa a 282, Enna a 272).

A livello regionale, tra l’altro, solo il Molise (incidenza a 19) ha un valore più basso di quello della Lombardia, che è dunque la seconda regione d’Italia «messa meglio». «La Lombardia ha retto meglio in questa fase – conferma il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano e direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi di Milano -. I livelli di vaccinazione sono tra i migliori d’Italia, la situazione è buona . C’è, evidentemente, anche una consapevolezza e un’attenzione maggiore alle regole per via della sofferenza vissuta nelle prime ondate. A Bergamo, inoltre, c’è anche un’immunità maggiore conseguente all’ampia diffusione del contagio avvenuta nella prima ondata ».

Gli ultimissimi giorni evidenziano sia in Bergamasca sia a livello regionale un lievissimo rimbalzo verso l’alto (in terra orobica l’incidenza era scesa sino a quota 18, il 21 agosto), che è però fisiologico perché sono «usciti» dal computo settimanale i dati delle giornate a ridosso di Ferragosto, quando si eseguirono meno test e dunque emersero meno positivi; in chiave lombarda, Lecco (incidenza a 26) è la seconda miglior provincia mentre Cremona è quella che presenta l’incidenza più alta (51). «Anestetizzato» l’effetto-festivo, il trend è comunque quello di un calo dell’incidenza.

« Siamo in una situazione di plateau – rileva Pregliasco -, con una tendenza verso l’abbassamento di questa ondata ». Le incognite sono però dietro l’angolo: «Ci aspettiamo che il peggioramento del meteo, la riapertura delle scuole e la ripresa delle attività lavorative possano portare tra l’autunno e l’inverno a un colpo di coda : non a un’ondata, ma a un’onda – specifica il virologo -. La metafora è quella del sasso buttato nello stagno, con le onde che via via procedono con minore intensità, ma che comunque persistono».

Lo sguardo al futuro più o meno prossimo s’intreccia anche col fronte ospedaliero: « La convivenza col virus durerà ancora un bel po’ – rimarca Pregliasco -. Nel prossimo futuro faremo i conti con una doppia pandemia: da un lato la pandemia dei vaccinati, con casi che crescono ma senza effetti pesanti; dall’altro la pandemia dei non vaccinati, con le stesse proporzioni di ricoveri, terapie intensive e decessi che abbiamo conosciuto prima dell’introduzione dei vaccini ». Sullo sfondo, l’ultimo miglio della campagna vaccinale: «È sempre più difficile – sospira il virologo -. Gli hub sono serviti a vaccinare coloro che ne avevano voglia: adesso occorre convincere quelli meno inclini, ma non è semplice».

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