Misure anti Covid, Ats perde la causa contro il sindacato

Sentenza. «Personale protetto dal contatto con l’utenza ma non i lavoratori fra loro, all’interno degli uffici». Ricorso già annunciato: «Protocolli sempre attuati».

Sebbene Ats Bergamo abbia, nei primi mesi di pandemia, «operato con efficienza nell’individuare misure di prevenzione tese a evitare il contatto dei propri dipendenti con i soggetti non dipendenti», non ebbe «altrettanta visione organizzativa nel predisporre le misure di prevenzione e sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro». È uno dei passaggi della sentenza, emessa dal giudice del lavoro Elena Greco, che accoglie parzialmente il ricorso presentato il 30 luglio 2020 da Fp-Cgil Bergamo contro l’Ats. Che ha già annunciato ricorso, ritenendo di «aver operato e attivato tutte le azioni possibili e conosciute all’inizio della pandemia, per tutelare i propri operatori».

Nel dettaglio, il sindacato riteneva che Ats non avesse «adempiuto agli obblighi di tutela delle condizioni di lavoro», e il Tribunale accogliendo in parte il ricorso «accerta il parziale inadempimento» da parte di Ats «dell’obbligo di tutela della salute dei propri dipendenti, con riferimento alla sicurezza dei luoghi di lavoro secondo i limiti accertati» nelle motivazioni. Il giudice ha inoltre dichiarato «l’antisindacalità della condotta» di Ats, per la «violazione degli obblighi di informazione e confronto con i sindacati territoriali». E l’ha condannata a versare al sindacato cinquemila euro, oltre alle spese di lite, «a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale all’immagine». Non meno importante, il fatto che il giudice – sempre in sentenza – parli della «natura “qualificata” di ente preposto alla “salute della collettività”» di Ats, come datore di lavoro.

La sentenza

I rappresentanti sindacali della Cgil hanno presentato ieri i contenuti del documento con cui il Tribunale ha accolto il ricorso. Come si legge in sentenza, gli esiti dell’istruttoria «hanno fatto emergere quantomeno due categorie di adempimenti non adeguati». Nello specifico, si citano «la convocazione e celebrazione in presenza delle riunioni del personale per l’organizzazione delle misure da adottare per fronteggiare l’epidemia», e l’«organizzazione del servizio di call center» in sale riunioni con «i lavoratori attorno al medesimo tavolo, senza l’utilizzo di barriere divisorie» tra gli stessi e «senza adeguata formazione circa la condotta da tenere da parte di ciascun lavoratore nel momento di avvicendamento del turno». Il giudice rileva peraltro che «la circostanza che l’Agenzia di Tutela della Salute convenuta abbia ogni volta fatto applicazione delle direttive emesse da Regione Lombardia non è in sé sufficiente a renderne incensurabile l’operato anche nella sua veste di datrice di lavoro». Inoltre, «la datrice di lavoro non ha assunto iniziative tempestive in relazione ad altre misure di semplice adozione», come la rilevazione della temperatura «al momento dell’ingresso sul luogo di lavoro», preceduta dall’obbligo di autocertificazione dei lavoratori, e «la mancata formazione dei lavoratori sulle misure di sicurezza personale da adottare».

Sentenza alla mano, l’allora segretario generale della Fp-Cgil provinciale Roberto Rossi ha commentato: «Lo sancisce anche il giudice, Ats non ha fatto quello che doveva per tutelare i propri dipendenti». Rilevando che «mentre in quelle settimane il personale di Ats, con professionalità, dava indicazioni alle aziende del territorio sulle corrette procedure da applicare per evitare i contagi, la loro stessa azienda non ne prevedeva l’adozione».

Il ricorso

Ats, nell’annunciare ricorso, in una nota rileva che il giudice «non ha mancato di evidenziare la tempestività delle azioni di Ats volte ad adottare misure di salvaguardia innanzitutto della salute dei lavoratori». Come, appunto, le azioni per evitare i rischi derivanti dal contatto tra i propri dipendenti e gli esterni, ma anche «l’attività di screening rivolta ai soggetti che eseguivano i tamponi e a coloro che li trasportavano e i successivi test per il Covid rivolti a tutti i dipendenti e collaboratori». Ats ha evidenziato inoltre che, come da normativa, «i datori di lavoro pubblici e privati adempiono agli obblighi di tutela della salute dei lavoratori mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nei protocolli sottoscritti tra il governo e le parti sociali, azioni che l’Agenzia di tutela della salute di Bergamo ha sempre e costantemente attuato». Per quanto riguarda gli obblighi di informazione e confronto, Ats cita la sentenza dove, come si legge testualmente, si ricorda il «particolare momento storico e le contingenze e le urgenze» dei primi mesi del 2020, che «hanno portato non solo l’ente datoriale, ma anche tutti i suoi operatori a porre al servizio della collettività le proprie energie lavorative e a deformalizzare di fatto i sistemi di informazione e comunicazione per perseguire una maggiore celerità nella risposta all’incedere inesorabile della pandemia».

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