Varianti Covid, Lorini: «Pesa l’effetto Europei». Tra i ricoverati nessun vaccinato

Il direttore dell’Area critica dell’ospedale Papa Giovanni XXIII: «Paghiamo le conseguenze degli assembramenti. Vaccinare al più presto anche le fasce più giovani».

Vaccini e nuovi strumenti per arginare il Covid. La campagna vaccinale procede tra speranze e nuovi timori. Uno di questi è l’aumento dei contagi con la variante Delta. «Non c’è da meravigliarsi, noi sappiamo due cose dall’inizio – sottolinea Luca Lorini, direttore del Dipartimento emergenza urgenza e area critica dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo –. I vaccini hanno un’efficacia dall’80 al 90% ed esiste nella migliore delle ipotesi una media del 15% di popolazione vaccinata che può contagiarsi. Ma esiste anche una gran fetta di popolazione che non è ancora vaccinata e, fin quando la popolazione non sarà tutta vaccinata tra l’80 e il 90% con la doppia dose, il virus continuerà a circolare e a variare per trovare il modo di sopravvivere ai vaccini. Quindi nulla di nuovo. Continueremo a vedere numeri diversi dei contagiati».

Professor Lorini, finora all’impennata dei contagi non è seguito un balzo significativo dei ricoveri. Qual è la spiegazione?

«I ricoveri, soprattutto quelli critici in Rianimazione, nei mesi scorsi erano costanti in una popolazione con oltre 65 anni. Per fortuna questa fetta di popolazione è in gran parte vaccinata. Tuttavia se i numeri dovessero aumentare nelle proporzioni, bisognerà fare altre valutazioni, perché il virus potrebbe diventare cattivo anche per gli over 40 e altre fasce. Abbiamo comunque una buona finestra di tempo per far sì che ciò non succeda, ma c’è un’unica strada maestra: vaccinarsi. Anzi, bisogna insistere nelle vaccinazioni a tappeto».

Oggi si vedono i primi effetti degli assembramenti degli Europei di calcio?

«Le immagini di Wembley mi hanno fatto venire i brividi. Assembramenti anche nelle piazze italiane, senza distanziamento. Ne stiamo già pagando le conseguenze, l’incubazione del virus è di 5 giorni, e se uno non è vaccinato contagia l’altro. Gli assembramenti senza giuste precauzioni non fanno altro che favorire la circolazione del virus. Non occorre uno scienziato per capirlo. Comportamenti sconsiderati, ma sono discorsi che ormai facciamo da un anno e mezzo e che dovrebbero essere chiari».

In questi giorni si discute sui parametri di cui tener conto per determinare il colore di una Regione, con il passaggio eventualmente al giallo nel caso in cui si superino determinate soglie di ospedalizzazione, pari al 5% in Terapia intensiva e 10% nei reparti ordinari, o soglie anche superiori. Non si corre il rischio, innalzando le soglie, di chiudere il recinto quando i buoi sono già scappati?

«Il vaccino e le misure restrittive sono come la cintura di sicurezza che si indossa prima di salire in macchina. La cintura non presuppone che uno non faccia l’incidente, ma che se ci sarà un incidente le complicazioni dell’incidente saranno basse. Il vaccino opera come la cintura di sicurezza. I livelli o le soglie dipendono dal margine che noi vogliamo attribuire alla ragionevolezza. Fin quando non avremo raggiunto il 90% della popolazione doppiamente vaccinata, dovremmo comportarci come prima del vaccino, ma è ovvio che il mondo non può andare avanti altri 6 mesi così, con chiusure generalizzate e ampie restrizioni. Per decidere serve valutare pertanto un mix tra aspetti economici, sociali, psicologici, sanitari e di libertà delle persone. Non faccio l’economo sui numeri percentuali, dobbiamo continuare solo a vaccinare con insistenza, come se non ci fosse un domani. E capire quando dovremo fare la terza dose, cioè stabilire se chi ha fatto la prima dose ai primi dell’anno dovrà fare la terza tra novembre e dicembre. Tra poco i due mondi si incroceranno e dobbiamo essere preparati in anticipo. Il resto sono chiacchiere».

Qual è il quadro dei pazienti attualmente ricoverati al «Papa Giovanni»?

«Abbiamo un paziente in Terapia intensiva, di 54 anni. Sono 13 i ricoverati ordinari. Da due mesi e mezzo ricoveriamo solo pazienti che non hanno fatto il vaccino. Non ho più visto un vaccinato in Terapia intensiva. E questo fa capire una cosa: se il paziente si fosse vaccinato per tempo, al 100% non sarebbe finito in Terapia intensiva. Dal 13 al 18 luglio la Terapia intensiva del Papa Giovanni è rimasta vuota, ma non ho fatto i salti di gioia perché Covid free non vuol dire dimenticarsi tutto, alla luce anche delle varianti che mutano e i rischi che ne derivano. Il mondo è piccolo, bisogna essere pronti a qualsiasi evenienza».

Quindi non si può abbassare la guardia, nemmeno con l’estate inoltrata?

«Al “Papa Giovanni” due o tre box isolati e dedicati possono essere sempre utilizzati per la Terapia intensiva, in casi di urgenza e instabilità. Covid free è stato un traguardo importante, ma non è la risoluzione dei problemi e lo abbiamo sperimentato sul campo».

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