Diana morta «di stenti», ma necessarie altre analisi

La tragedia La difesa chiede una consulenza psichiatrica sulla madre: la donna rischia l’ergastolo

Serviranno altre analisi per individuare la causa esatta della morte di Diana, la bimba di un anno e mezzo abbandonata per sei giorni a casa da sola dalla madre Alessia Pifferi e che, stando agli atti noti dell’indagine, è deceduta «per stenti», di fame e sete. Intanto per la 37enne, che in carcere appare «frastornata», è probabile che nei prossimi mesi la Procura di Milano, dato il quadro probatorio solido, chieda il processo immediato per omicidio volontario pluriaggravato. Accuse per cui rischia l’ergastolo.

Mentre la difesa punta su una consulenza «neuroscientifica e psichiatrica» sulla donna.

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Dai primi esiti dell’autopsia non è emersa alcuna causa evidente della morte e i medici si sono riservati di fornire risposte precise quando avranno a disposizione parametri dagli ulteriori accertamenti. Ci vorranno alcune settimane per una prima relazione degli esperti, nominati nell’inchiesta della Squadra mobile e del pm Francesco De Tommasi. Saranno svolti anche esami radiologici, in via precauzionale, per essere certi che non vi siano lesioni interne. Erano già stati esclusi «segni di possibili traumi violenti». Si cercherà di capire quando è avvenuta la morte: sembra prima delle 24 ore antecedenti al ritrovamento del corpo.

Dai primi esiti dell’autopsia non è emersa alcuna causa evidente della morte e i medici si sono riservati di fornire risposte precise quando avranno a disposizione parametri dagli ulteriori accertamenti.

Decisivi saranno gli esiti delle analisi della Polizia scientifica sul latte del biberon, trovato nel lettino, per accertare se contesse benzodiazepine, fatte assumere, questo il sospetto, dalla 37enne alla figlia, per stordirla ed evitare che piangesse. E nel caso andrà chiarito l’eventuale nesso con la morte. Si deve stabilire se il flaconcino di ’En’ ritrovato nell’appartamento contenesse davvero il potente tranquillante e se vi sia Dna di Diana sul beccuccio del biberon. Tutte verifiche da effettuare con i risultati attesi per i prossimi giorni.

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Qualora ci fosse la certezza che la donna abbia usato benzodiazepine, l’imputazione di omicidio volontario si potrebbe aggravare col dolo pieno e la premeditazione. Nel frattempo i nuovi legali, gli avvocati Luca D’Auria e Solange Marchignoli, hanno affidato l’incarico per la consulenza difensiva ai professori Giuseppe Sartori e Pietro Pietrini, che si sono occupati di parecchi casi di omicidi, tra cui la strage di Erba. «A breve comincerà un lavoro - hanno spiegato i difensori - per capire il percorso mentale che ha potuto portare a un fatto così tragico».

Qualora ci fosse la certezza che la donna abbia usato benzodiazepine, l’imputazione di omicidio volontario si potrebbe aggravare col dolo pieno e la premeditazione

Nelle indagini prosegue l’esame del contenuto del telefono di Pifferi per ricostruire le sue relazioni ed individuare il padre biologico di Diana. «Non so chi sia», ha messo a verbale la donna, abituata a «mistificare» la realtà e che davanti al gip Fabrizio Filice ha confessato spiegando di aver scelto di stare in quei giorni col compagno a Leffe per «avere un futuro con lui», piuttosto che tornare a salvare la figlia.

Rinchiusa in isolamento e sorvegliata a vista a San Vittore, a tratti piange e sembra non rendersi conto della situazione. Intanto, in Procura stanno arrivando mail di cittadini che chiedono «giustizia». La madre di un bimbo di 13 mesi ha scritto: «Non dormo la notte, mi auguro un ergastolo senza sconti».

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