I primi embrioni di topo si sono sviluppati nello spazio

Per la prima volta degli embrioni di mammifero, in questo caso di topo, sono stati fatti sviluppare nello spazio: ottenuti sulla Terra, sono stati congelati e spediti sulla Stazione Spaziale Internazionale nell’agosto 2021 anche grazie all'agenzia spaziale giapponese Jaxa. Sulla Iss gli astronauti  hanno scongelato gli embrioni di topi e li hanno fatti crescere per quattro giorni in condizioni di microgravità.

L’esperimento, guidato dall’Università giapponese di Yamanashi e pubblicato sulla rivista iScience, costituisce un primo passo verso una possibile dimostrazione che anche gli esseri umani possono riprodursi al di fuori della Terra, una questione che comincia a diventare sempre più rilevante man mano che procede l’esplorazione spaziale e che si cominciano a ipotizzare colonie umane sulla Luna e, in futuro, su Marte.




I ricercatori sono stati coordinati da Teruhiko Wakayama, uno dei protagonisti della ricerca sulle cellule staminali e sugli effetti della microgravità sulle cellule germinali, che già nel 2009 aveva scoperto che la fecondazione degli ovuli era possibile anche nello spazio, mentre l’impianto degli ovuli fecondati risultava più problematico. Questa volta i ricercatori si sono invece concentrati sulle primissime fasi dello sviluppo embrionale: i risultati dell’esperimento condotto sulla Iss mostrano che il tasso di sopravvivenza degli embrioni è inferiore, ma che quelli che riescono a sopravvivere si sviluppano in modo del tutto normale, per lo meno fino alla fase della blastocisti, una delle fasi iniziali che va dal 4/o al 14/o giorno dopo la fecondazione.

I ricercatori sottolineano che sarà necessario ancora molto lavoro per capire gli effetti dell’ambiente spaziale sullo sviluppo fetale dei mammiferi. Ad esempio, altri studi condotti sempre su roditori hanno evidenziato che la permanenza nello spazio durante le fasi critiche della gestazione può ostacolare lo sviluppo del sistema vestibolare, fondamentale per l’equilibrio e l’orientamento, e di quello muscolo-scheletrico. “Dobbiamo affrettarci a portare avanti questi studi fondamentali - affermano gli autori della ricerca - prima che la Iss non sia più operativa”.

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