Gimbe, Lombardia «magheggia» sui numeri
Regione, affermazioni false e gravissime

Il presidente della Fondazione indipendente Gimbe intervistato da Radio 24 ha affermato che alcune Regioni stiano «falsando» i numeri per non dover chiudere, in particolare la Regione Lombardia. Affermazioni false e gravissime la risposta del Pirellone.

«Effettuando meno tamponi diagnostici, si identificano meno casi e si adultera l’indice Rt. Nel decreto non si fa cenno al numero di tamponi diagnostici da realizzare nella Fase 2. A oggi le uniche due amministrazioni che stanno facendo un testing massiccio sono la Valle d’Aosta e la provincia di Trento con 4200 tamponi per 100mila abitanti, le Regioni più colpite sono a 1200 al giorno. Le enormi differenze si riflettono sui casi diagnosticati. Il concetto è che se il virus c’è bisogna cercarlo, altrimenti se non lo cerchi non è detto che non ci sia se non adotti le misure corrette per trovarlo». Sono le parole di Nino Cartabellotta intervistato da Maria Latella e Simone Spetia su Radio 24.

«C’è il ragionevole sospetto che le regioni stiano falsando i numeri per non dovere richiudere. La Lombardia è una di quelle,si sono verificate troppe stranezze nei dati in questi tre mesi: soggetti dimessi che venivano comunicati come guariti e quindi andavano ad alimentare il cosiddetto silos dei guariti, alternanza e ritardi nella comunicazione dei dati e nella trasmissione che poteva essere comprensibile nella fase 2 dell’emergenza quando c’erano tantissimi casi ma tantomeno ora che paradossalmente i riconteggi sono molto più frequenti in questa fase. C’è una sorta di necessità di mantenere sotto un certo livello il numero dei casi diagnosticati. La Lombardia ha avuto questa enorme diffusione del contagio in una fase precedente al caso uno di Codogno e le misure di lockdown dovevano essere molto più rigorose e estensive, noi chiedevamo addirittura la chiusura come Wuhan per tutta la Lombardia, perchè era evidente che quell’esplosione del contagio significava che il virus serpeggiava già troppo diffusa da febbraio in quei luoghi. Poi sono state prese una serie di non decisioni come la non chiusura di Alzano e Nembro che hanno determinato tutto quello che è successo nella bergamasca che ricordiamo con le tragiche immagini della bare di Bergamo. E poi una smania quasi ossessiva di riaprire perchè la Lombarda è il motore economico d’Italia, però la nostra grossa preoccupazione è che la Lombardia sia quella che ne uscirà per ultima perchè se si chiude troppo tardi e si vuole aprire troppo presto si combinano anche dei magheggi sui numeri è ovvio che la volontà politica non è quella di dominare la pandemia quella di ripartire al più presto con tutte le attività e questo non lascia tranquilli».

«La situazione Lombarda non è fuori controllo, continua Cartabellotta, ma se non vado a identificare i casi sommersi con un’attività di testing adeguato, i sommersi sono 10, 20 volte quelli esistenti se non li vado a tracciare e isolare alimento la fonte del contagio, tanto che è come un cane che si morde la coda, da un lato non voglio fare troppi tamponi per non mettere alla finestra troppi casi, dall’altro però non identificando questi casi, non tracciando e non isolando alimento la fonte del contagio, tanto che la valutazione che stiamo pubblicando oggi negli ultimi 23 giorni dal 4 al 27 maggio la Lombardia ha il 6% di tamponi diagnostici positivi. Ribadisco l’aggettivo diagnostico, perchè è chiaro che se mettiamo al denominatore tutti i tamponi fatti è chiaro che questa percentuale artificiosamente scende, la Liguria 5,8 e Piemonte 3,8 e sono le Regioni che ad oggi rischiano di non avere le riaperture interregionali, tranne se il governo decide con un ragionevole compromesso di lasciare la mobilità interregionale tra queste tre regioni del nord ovest tra l’altro confinanti e gestire in maniera differenziatale altre regioni d’Italia».

La risposta di regione Lombardia non si è fatta attendere: «Le dichiarazioni sono gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero – si legge in una nota -. In Lombardia fin dall’inizio della pandemia i dati vengono pubblicati in maniera trasparente e inviati alle Istituzioni e alle autorità sanitarie preposte. Nessuno, a partire dall’Istituto Superiore di Sanità, ha mai messo in dubbio la qualità del nostro lavoro che, anzi, proprio l’ISS ha sempre validato ritenendolo idoneo per rappresentare la situazione della nostra regione. È dunque inaccettabile – conclude la nota – ascoltare simili affermazioni che ci auguriamo vengano rettificate da chi le pronunciate».

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