Una montagna di indizi
Preoccupiamoci un po’

Se un indizio è soltanto un indizio, due indizi sono una coincidenza e tre indizi sono una prova - lo diceva Agatha Christie -, nel caso dell’Atalanta siamo già a una montagna di indizi, dopo appena quattro giornate di campionato, e si potrebbe dunque istruire un processo. Per quale reato? Insipienza, per non dire stupidità, che suona male, calcistica.

E dire che Atalanta-Verona sembra dovesse essere il match del radicale cambiamento di tendenza. Quando al 34’ st è stato espulso Jankovic si è pensato che stavolta l’Atalanta era in superiorità numerica e non inferiorità numerica (come contro Inter e Sassuolo) e magari avrebbe potuto sfruttare il giocatore in più. E quando al 44’ st Moralez ha beffato la difesa dei gialloblù con un colpo di testa c’è stato un sospiro di sollievo: finalmente l’Atalanta aveva orientato a suo favore i minuti finali di una partita invece di doversi rammaricare (ricordiamo il gol incassato contro l’Inter al 93’ e il rigore non trasformato da Moralez contro il Sassuolo all’86’).

E invece al 52’ st, ovvero al 7’ di recupero, riecco l’incubo, i fantasmi. Su una punizione dalla trequarti destra, con due giocatori in più in area (non c’era Jankovic espulso e Viviani aveva calciato la punizione), l’Atalanta ha commesso un errore incredibile, da dilettanti: il solo Raimondi a contrastare due avversari in un settore dell’area a rischio, c’erano molte probabilità che il pallone spiovesse lì, e Pisano ha incornato a rete proprio da sinistra.

E allora sono riemersi i gol evitabilissimi incassati in precedenza, il prego s’accomodi a Jovetic contro l’Inter nel recupero, la dormita sulla punizione che ha originato il primo gol del Sassuolo di Magnanelli e la passerella concessa a Floro Flores per il 2-2. E la serie di indizi è diventata una montagna. Pare proprio che l’Atalanta non sia in grado di conservare la concentrazione per tutta la partita, qualche errore lo commette sempre e lo paga carissimo. Ed è una storia che si ripete dallo scorso campionato, quando si soffrì maledettamente.

L’Atalanta avrebbe potuto balzare a quota 7 - non esageriamo dicendo che avrebbe potuto essere addirittura a 10, al comando con l’Inter - e invece è a 5. Posizione discreta in una giornata in cui il Bologna ha raggranellato i suoi primi tre punti a spese del Frosinone (unica squadra a zero), l’Empoli ha espugnato Udine dimostrando di non essere assolutamente scarso, il Verona si è salvato a Bergamo e il Chievo, pur piegato dall’Inter, ha confermato di essere la principale rivelazione del campionato. Frosinone e Carpi già annaspano, ma per ora non si vede una terza seria indiziata alla retrocessione, per cui sarebbe salutare non dilapidare punti a destra e sinistra.

Al di là dei punti non infilati in saccoccia e ai limiti di una difesa che in generale esprime solidità, salvo cadere quasi sempre in un blackout che peraltro coinvolge tutta la squadra, c’è da parlare anche dell’attacco, dopo aver sottolineato che il centrocampo non ha brillato - e di conseguenza la manovra ne ha risentito - e il più positivo del reparto è stato il giovane Grassi. Moralez ha ribadito di essere il giocatore nerazzurro più in palla, assolutamente fondamentale, Gomez si è avvicinato come rendimento al compagno, ma l’Atalanta è stata penalizzata dalla prestazione insufficiente di Denis. Come avere le ali ma non poter volare.

Non ci sembra però il caso di sparare subito sul Tanque che era al rientro dopo un infortunio. Uno con il suo fisico deve carburare e non ci si poteva attendere un rendimento esplosivo. Siamo indulgenti. È evidente però la differenza d’incisività e vitalità che almeno per il momento separa l’argentino da Pinilla. E se consideriamo che il cileno è super affidabile sul piano tecnico, molto meno su quello caratteriale, e che Monachello è una giovane incognita, il quadro del cuore dell’attacco nerazzurro presenta qualche nuvolone minaccioso.

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