Bersani: Tremonti? Un vero fallimento
Il nuovo Ulivo è un progetto forte

Bagno di folla, ieri sera, per la tappa bergamasca di Pier Luigi Bersani. Alla Festa democratica provinciale, in corso a Seriate, almeno 1.500 persone (tutte occupate le 500 sedie a disposizione, più del doppio gli ascoltatori in piedi, secondo gli organizzatori), sono arrivate per ascoltare del progetto del «nuovo Ulivo», lanciato nei giorni scorsi dal segretario nazionale del Pd.

Lui, pantalone beige, giacca blu e sigaro d'ordinanza, scortato sul palco dal segretario provinciale Gabriele Riva e dal tesoriere nazionale Antonio Misiani, deputato orobico, non s'è risparmiato, intervistato dall'inviato di «Repubblica» Paolo Berizzi e bersaglio, sul finale, delle frecciate del comico Andrea Rivera, che lo ha incalzato: «A Gì, invece di chiamarlo nuovo Ulivo, chiamalo Uliveto, così se lo bevono tutti, e ti votano pure la Chiabotto e Del Piero». Anche Bersani ha ritrovato la verve emiliana, ma sui contenuti non si scherza. A partire dal lavoro. «Dividere il mondo del lavoro è stato il più grande risultato che la destra ha portato a suo vantaggio, tocca a noi ricomporlo. Bisogna dire che qui non c'è più abbastanza lavoro per le nuove generazioni, gli artigiani, i commercianti, che l'Italia in due anni ha perso il doppio del Pil degli altri Paesi europei, e che non c'è un ministro dell'Industria che dia una prospettiva all'economia del Paese. Berlusconi non ne parla, perché Apicella non gli ha dato quell'accordo, il cielo per lui dev'essere sempre azzurro e i problemi non esistono».

Poi torna sul nuovo Ulivo. «Qui non si tratta di formulette, ma di recuperare le energie positive, fuori e dentro i partiti, unendo un'opposizione forte a un progetto per l'Italia, che ci permetta di essere ascoltati anche da quell'elettorato popolare che ha votato Berlusconi: in questo progetto il Pd sarà il fratello maggiore ». E dopo aver distribuito frutta alla Festa nazionale del Pd di Torino, è convinto che per gli elettori del Pd arriverà anche il dolce, sfoderando un riferimento alle Penne nere tanto care in terra orobica: «Magari non domani, ma sono ottimista, i risultati ci saranno, se il centrosinistra saprà suonare le campane e avere la solidità del passo dell'alpino».

Perché il populismo del berlusconismo, che ha prodotto disaffezione alla politica e radicalizzazione, sta cedendo, ed è venuto il tempo della sveglia. Non si sa se le elezioni saranno anticipate o meno – «Comunque noi non le temiamo, ma le avrà causate la crisi della maggioranza» –, di sicuro, però, «l'acqua del lago Maggiore non è miracolosa, e quindi la resa dei conti nel centrodestra è solo rimandata ». E si replica anche a Umberto Bossi: «Io sarei andato a piagnucolare da Berlusconi per chiedere di rimandare il voto? Si chieda a tutti i portieri di tutte le residenze di Berlusconi: non ho mai bussato a quella porta».

E se la Lega «è la badante che sta vicina al vecchio zio per prendergli l'eredità», Giulio Tremonti è «l'aiuto-badante. La sua politica è stata un fallimento sul piano economico e sociale, vedremo dove deciderà di stare, se con i milionari o con i fazzoletti verdi. Intanto il Paese sul lato dell'economia reale ha preso colpi che non meritava». Ma Bersani non la manda a dire neanche ai suoi: «Siamo mille volte più forti delle nostre debolezze, ma stiamo mille volte di più sulle debolezze, che comunque non posso risolvere solo io. Il Pd ha un'identità, è il partito del lavoro, della nuova Unità della nazione e della Costituzione. E ha un progetto, su lavoro, fisco e scuola. Quello che ci distingue dagli altri, è che non siamo un partito personalistico, e per questo discutiamo anche al nostro interno». Un messaggio anche rispetto alla discussione in corso sulla leadership del centrosinistra: «Non mettiamo il carro davanti ai buoi, prima il progetto e la coalizione, poi il leader».

Benedetta Ravizza

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