La Pistorius bergamasca ha 21 anni
e sogna la Paralimpiadi di Londra

Dopo un'oretta intensa di ricordi e tanto entusiasmo, la domanda finale non può avere risposta più scontata: «Cosa sogno per il futuro?». Nemmeno un nanosecondo e lei è già lì pronta a fissare i suoi occhi color del ghiaccio nei nostri e dire, placidamente, «Londra 2012», le Paralimpiadi.

Dopo un'oretta intensa di ricordi, date, tempi e soprattutto tanto entusiasmo, la domanda finale non può avere risposta più scontata: «Cosa sogno per il futuro?». Nemmeno un nanosecondo e lei è già lì pronta a fissare i suoi occhi color del ghiaccio nei nostri e dire, placidamente, «Londra 2012», le Paralimpiadi.

Martina Caironi ha una gamba di resina e gommapiuma e grinta da vendere, il record italiano nei 100 metri agguantato da poco, una laurea in Mediazione linguistica e culturale da prendere alla Statale di Milano e un bel po' di amici da ringraziare per averle salvato la vita.

Martina ha 21 anni, abita in Borgo Palazzo, a Bergamo. Sportivissima, ha sempre praticato di tutto un po': pallavolo, nuoto, pattinaggio artistico, l'atletica a scuola, persino il calcio. E a chi la chiama «la Pistorius bergamasca» risponde con un sorriso, minimizzando tempi e record che, con quella protesi sportiva che lei chiama «il mio rimbalzino fantastico, ti dà la stessa sensazione di saltare sui letti», l'hanno portata a gareggiare proprio a fianco dell'atleta sudafricano diventato un caso internazionale.

Martina racconta la sua storia: «Ero andata a una festa da amici a Spirano. Mio fratello Michele è venuto a prendermi in moto. Era l'una passata, la vita mi è cambiata a Stezzano. Un'auto di grossa cilindrata, una Bmw, ha invaso la nostra corsia all'uscita da una rotatoria e la macchina mi ha preso in pieno la gamba sinistra. Dopo il botto ero cosciente, mi sono tolta il casco, urlavo "la gamba, la gamba!", perché mi faceva un male bestiale. Ma ho realizzato che ero viva».

«Mi hanno amputato la gamba praticandomi una disarticolazione del ginocchio, il che mi consente, attraverso l'applicazione successiva di un ginocchio elettronico, di indossare protesi sportive».
Leggi di più su L'Eco di mercoledì 10 novembre

© RIPRODUZIONE RISERVATA