Simone Moro nella spedizione «Tre in uno»

Simone Moro nella spedizione «Tre in uno»L’aveva detto Simone Moro. Il campo base alle pendici del Nanga Parbat avrebbe dovuto essere una sorta di grande rifugio alpino dove tutti i componenti della spedizione si sarebbero dati una mano, ma poi ognuno avrebbe scelto il proprio personale obiettivo.

E così mentre otto dei nove Kazaki hanno già portato a casa il loro risultato - Denis Urubko, Dima Chumakov, Maksut Jumaiev, Vassilly Pitsov, Alexey Raspopov, Serguey Lavrov, Vassily Litvinov, Serguey Bogomolov hanno raggiunto la vetta tra martedì e giovedì a sole due settimane dal loro arrivo in Karakorum - Moro con Jean Christophe Lafaille si appresta a lanciare una nuova sfida alla piramide di 8.125 metri: una via inedita tracciata 500 metri a ovest rispetto alla normale, quella Kinsfhoffer che venne salita per la prima volta esattamente cinquant’anni fa (il 3 luglio 1953) da Hermann Buhl

«Il 1 giugno - spiega lo stesso Moro al satellitare - abbiamo fatto un balzo di 800 metri in due ore e mezzo circa, trasportando buona parte del materiale necessario ad attrezzare il campo 1. Il giorno seguente abbiamo replicato, impiegando un’ora in meno nella salita e raggiungendo quota 5.200 grazie a una puntata di Franco Nicolini e Mirco Mezzanotte per montare 320 metri di corde fisse. Anche il 3 giugno, grazie all’avvicendamento con gli alpinisti kazaki, il lavoro è proseguito alla grande e a tutt’oggi disponiamo di 4 tende a quota 4.900 più 1.050 metri di corde fisse. L’obiettivo è di preparare entro un paio di giorni anche il campo due, vogliamo approfittare di questa fase di tempo stabile per salire più in alto possibile. Credo che ce la faremo: raramente ho visto procedere un gruppo così velocemente, già dai primi giorni, praticamente senza acclimatamento e così in sintonia».

Assieme a Moro in questa avventura che è iniziata il 28 maggio e durerà quasi tre mesi e che vede tra gli sponsor anche «L’Eco di Bergamo», ci sono vecchi e nuovi compagni. Oltre agli otto alpinisti dell’ex Unione sovietica, tra cui Denis Urubko e Maxut Jumaiev, a Barbara Swerger, a Franco Nicolini (guida alpina di Molveno) e al trentino Mirco Mezzanotte, lo scalatore bergamasco può contare su alcuni tra i più forti alpinisti occidentali: il francese Jean Cristophe Lafaille, l’americano Ed Viesturs (undici ottomila al suo attivo) e gli spagnoli Iñaki Ochoa e Oscar Gogorza. All’appello per il momento manca solo l’alpinista francese: arrivato nei giorni scorsi a Islamabad, sta affrontando ora il trasferimento sulle pendici del Nanga. Un viaggio che ha già messo alla prova i compagni di spedizione con qualche piccolo contrattempo. Prima alcuni problemi sulla Karakorum Highway - 12 ore di minibus da Islamabad a Gilgit - in pessime condizione di manutenzione. Quindi, durante il trekking vero e proprio (tre giorni e mezzo da quota 1.400 ai 4.100 metri del campo base), uno sciopero dei portatori (75 in tutto) inscenato per spuntare un compenso extra. Niente di insormontabile, naturalmente, ma tanto è bastato per testare l’organizzazione del gruppo. A destinazione la spedizione è arrivata il 31 maggio. Ad accoglierli, una scossa di terremoto: «L’abbiamo avvertita chiaramente - racconta ancora Simone Moro - è stata breve ma abbastanza forte: dalla parete Mazeno si sono staccate valanghe gigantesche, mentre dal Nanga Parbat non si è mosso nulla e questo lascia ben sperare sulle condizioni di sicurezza dei seracchi. Il posto è decisamente magnifico, sicuramente il più bel campo base dei 14 ottomila. Da qui alla vetta c’è un dislivello di 4 mila metri e non appena si sarà sciolta l’ultima neve, attorno a noi avremo prati fioriti. Decisamente insolito per una spedizione che deve arrivare a quota 8.125. Tra l’altro siamo i primi alpinisti della stagione e questo contribuisce ad aumentare il fascino di questo luogo ameno».

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(18/06/2003)

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