Sanità, in 10 mesi attese più lunghe del 6%

Per un ecocardiogramma da sforzo, ai «Riuniti» bisogna aspettare fino a 236 giorni Tempi molto dilatati anche per una colonscopia, un’ecografia ostetrica o una spirometria

Sarà il consumismo che anima tanti malati immaginari, sarà l’abuso che molti imputano ai medici di famiglia, saranno i «tetti» di spesa imposti dalla Regione alle aziende ospedaliere pubbliche e private, sta di fatto che le prestazioni specialistiche ambulatoriali sono in continua crescita, con la logica conseguenza che i tempi d’attesa si allungano (da giugno 2003 ad oggi sono aumentati del 6%). I «casi limite»? Al 12 maggio scorso, 236 giorni per un test cardiovascolare da sforzo (ecocardiogramma) agli Ospedali Riuniti di Bergamo, 180 per un esame della vista al poliambulatorio di Dalmine (Azienda ospedaliera di Treviglio), 155 giorni per una visita cardiologica al «Bolognini» di Seriate, 170 giorni per una visita neurologica al poliambulatorio di Zogno (Treviglio), 113 per un’ecografia ostetrica ai «Riuniti», 189 giorni per un ecocolordoppler alla «San Francesco». E la lista potrebbe continuare.

I NUMERI DELLA REGIONE Nel giugno 2001, gli esami e le visite per cui bisognava aspettare più di quanto previsto dai tempi indicati dalla Regione erano il 19% del totale (35 su 182), nel giugno 2002 il 16% (31 su 199) e nel giugno 2003 il 17% (38 su 220). A novembre, però, le prestazioni fuori dai limiti sono salite al 23% (50 su 220), «schizzate» al 29% nel marzo scorso (174 su 597), poi ridiscese al 23% nei giorni scorsi (145 su 622). Trend in discesa allora? Benché possa sembrare il contrario, la risposta è no. Se si guarda con attenzione il numero delle prestazioni rilevate, si può facilmente notare che da giugno ad oggi si è quasi triplicato (da 220 a 622), anche se - di fatto - la sostanza non è per nulla cambiata. Merito, si fa per dire, dei nuovi metodi di rilevamento introdotti dalla Regione a partire da gennaio, ma entrati a pieno regime alla fine di marzo. Due le novità «matematiche» che hanno consentito un «restyling» dei tempi di attesa. La prima è legata allo sdoppiamento delle prestazioni, passate da 20 a 38 (l’ecografia dell’addome, ad esempio, è diventata ecografia dell’addome completo o dell’addome superiore o dell’addome inferiore); la seconda al fatto che nel sistema di calcolo sono oggi compresi tutti i punti erogatori di ogni singola struttura, mentre in passato alle aziende ospedaliere era data facoltà di indicare soltanto quello con il tempo di attesa più basso (l’azienda ospedaliera di Seriate, per esempio, indicava spesso il presidio di Lovere, così come quella di Treviglio sceglieva quello di San Giovanni Bianco). Triplicando il numero dei rilevamenti delle prestazioni (da 220 a 622) e raddoppiando quello dei punti erogatori delle prestazioni stesse (ma per il settore pubblico sono stati addirittura moltiplicati per sette), la media non poteva che diminuire. Peccato però che i medici, gli infermieri e le apparecchiature a disposizione sono rimasti sempre gli stessi...

IL «SISTEMA PROVINCIALE» Nonostante le evidenti storture, a livello provinciale il sistema delle liste d’attesa sembra comunque reggere: i «tempi» vanno infatti letti in senso «orizzontale», all’interno cioè delle stesse prestazioni e non limitandosi al solo ospedale prescelto. Per far prima, in poche parole, dovremo abituarci a cercare l’ambulatorio più veloce, anche se distante da casa. Dalla rilevazione del 12 maggio emerge che le prestazioni maggiormente critiche sull’intero sistema provinciale sono tre: la colonscopia, l’ecografia ostetrica e la spirometria (l’esame del respiro). Nel primo caso, delle 14 strutture che offrono quel tipo di prestazione, 8 (il 57%) ha tempi d’attesa più lunghi dei tempi obiettivo stabiliti dalla Regione. Il «pubblico» - con 5 strutture su 9, pari al 56% - sta meglio del «privato», dove la percentuale dei punti erogativi fuori tempo massimo (3 su 5) è del 60%. Nel secondo caso, dei 10 ospedali in cui si esegue l’ecografia ostetrica, 6 (il 60%) non sono in linea con le indicazioni del Pirellone: il sistema pubblico è «fuori» del 56% (5 punti su 9), mentre quello privato accreditato del 100% (ma si tratta di una sede soltanto). Nel caso dell’esame del respiro, infine, gli ambulatori non in linea con le indicazioni regionali sono esattamente la metà, 6 su 12. In ambito pubblico, i punti erogativi dove le attese «sforano» sono 4 su 7 (57%), mentre in quello privato 2 su 5 (40%). In sofferenza, comunque, anche il test cardiovascolare da sforzo (è complessivamente «fuori norma» il 47% delle strutture - 63% nel «pubblico», 33% nel «privato»), l’esame complessivo dell’occhio (43% - 56% e 14%), la rieducazione motoria (38% - 17% e 50%), l’ecocolordoppler arterioso o venoso (36% - 63% e 21%), la visita cardiologica (34% - 44% e 23%), la visita ginecologica (33% - 25 e 29%), la radiografia di pelvi e anca (33% - 36% e 30%), l’ecografia dell’addome inferiore (32% - 50% e 20%), l’ecografia bilaterale della mammella (32% - 50% e 21%) e l’elettromiografia semplice (30% - 50% e 25%).

NESSUNA ATTESA Meritano anche una citazione le cinque prestazioni ambulatoriali per le quali l’intero sistema provinciale non registra alcuno scostamento tra i tempi obiettivo e i tempi d’attesa: densitometria ossea con tecnica di assorbimento a raggi X, esofagogastroduodenoscopia (Egd), risonanza magnetica nucleare (Rmn) della colonna con e senza contrasto, risonanza magnetica nucleare muscoloscheletrica, e la tomografia computerizzata (Tc) del capo con e senza contrasto.(20/05/2004)

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