È bergamasco il volontario dell'anno
Riccardo Giavarini da Napolitano

Riccardo Giavarini, 56 anni, di Telgate, ha ricevuto dalle mani del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il Premio del volontariato internazionale della Focsiv, Federazione che riunisce gli organismi cristiani di servizio internazionale volontario.

Dopo dieci anni di lavoro è riuscito a inaugurare Qalauma, il primo carcere minorile della Bolivia, a pochi chilometri da La Paz. Per lui questo è stato sicuramente il premio più bello di una vita dedicata a difendere i diritti umani degli ultimi: dai senza terra di Cochabamba durante le dittature di Banzer e di Mesa ai contadini del Perù ai tempi di Sendero Luminoso. È riuscito a strappare dall'inferno di San Pedro e Chochoncoro quasi 150 minori costretti a condividere il carcere con gli adulti in condizioni terribili.

Riccardo Giavarini, 56 anni, di Telgate, ha ricevuto dalle mani del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il Premio del volontariato internazionale della Focsiv, Federazione che riunisce gli organismi cristiani di servizio internazionale volontario. Il premio, dedicato a quanti si contraddistinguono nell'impegno contro ogni forma di povertà ed esclusione e per l'affermazione della dignità e dei diritti di ogni donna e uomo, è il principale evento istituzionale della Federazione che cerca così ogni anno di portare l'attenzione su temi che toccano da vicino il mondo della cooperazione internazionale.

Da 36 anni Riccardo Giavarini è in Sudamerica: dopo aver frequentato il liceo classico in Seminario in Città Alta, grazie al curato, frequentò un corso di formazione a San Massimo a Verona. Poi nel febbraio del 1976 partì per la Bolivia dove visse nelle periferie di La Paz con don Giancarlo Pezzotta, nell'epoca della dittatura di Banzer. «Questo impatto è stato forte per me - ricorda - perché prima non avevo mai avuto esperienza di violazione dei diritti umani e invece, proprio grazie a questo lavoro in periferia, siamo venuti a conoscenza della drammaticità della dittatura: sequestri, torture, desaparecidos. Ricordo che già allora, facendomi passare per prete, entravo a Chochoncoro per aiutare i detenuti politici, e oggi, dopo 30 anni, lavoro ancora nella realtà carceraria».

Dopo La Paz si trasferisce a Cochabamba dove s'impegna per i diritti dei campesinos senza terre: è qui che conosce Berta Blanco (oggi sua moglie e madre dei suoi cinque figli) e abbandona l'idea di diventare sacerdote. Il progetto matrimoniale però viene interrotto dalla dittatura di Mesa e dalla necessità di rientrare in Italia dove lavora per qualche anno come muratore per poi ripartire nel 1981 per il ProgettoMondo Mlal verso il Perù, a Puno con la prelatura di Ayaviri per un lavoro di pastorale sociale e di vicinanza ai contadini privati delle proprie terre. È qui che si scontra col terrorismo e la violenza armata di Sendero Luminoso.

Da lì la decisione di abbandonare il Paese nel 1989 per ragioni di sicurezza e rientrare in Bolivia come coordinatore dei progetti Mlal per l'America latina venendo così a conoscenza della realtà delle popolazioni indigene dell'area andina. È in questi anni che entra nel carcere di San Pedro a La Paz: lì vivono 1.200 detenuti di cui un centinaio dai 16 ai 21 anni. La realtà carceraria boliviana è per un occidentale inimmaginabile: per chi è arrestato non esiste certezza di essere processato. La galera è un luogo senza regole: chi entra deve procurarsi una cella, costruirsela o prenderla in affitto, procurarsi il denaro per farlo, vendendo quello che ha, dal corpo, ai piccoli traffici di droga, alcol e sigarette, fino a un mestiere. Non esistono fognature, bagni, c'è chi apre piccoli ristoranti all'interno e la corruzione della polizia penitenziaria è altissima. È qui che vivono anche i ragazzi spesso vittime di violenze e sfruttamento. Per tanti anni Giavarini è entrato tutte le settimane in carcere per stare loro vicino e ha iniziato a dare vita a Qalauma, il primo carcere minorile della Bolivia. A febbraio, dopo dieci anni di lavoro, nella vicina provincia di El Alto, ha finalmente inaugurato la struttura che ospita 150 giovani con cui intraprendere un percorso di rieducazione. Realizzata dal Mlal, ha avuto i finanziamenti della diocesi di El Alto, della Cei, di Unicef, Caritas italiana, la ong spagnola Intervida, la ong tedesca Pan Para el Mundo, l'arcivescovado di Colonia, e la solidarietà spagnola e italiana e di tanti bergamaschi amici di Riccardo.

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