Pronto soccorso galleggiante
L'idea è di un bergamasco

Nessuno finora aveva pensato a un «ospedale acquatico». Almeno prima che la lampadina si accendesse nella testa di Marino Alfani, il cui genio creativo non è nuovo ad exploit di questo genere.

Nessuno finora aveva pensato a un «ospedale acquatico». Almeno prima che la lampadina si accendesse nella testa di Marino Alfani, il cui genio creativo non è nuovo ad exploit di questo genere.

E così, per la seconda volta negli ultimi tre anni, lo yacht designer bergamasco di 29 anni si è aggiudicato uno dei premi del Myda, prestigioso concorso internazionale di design di imbarcazioni da diporto. Nel 2010, la sua idea era stata la creazione di una sorta di limousine del mare, mentre quella che gli è valsa il premio 2012 per la categoria Dream Boat è il piano di realizzazione di una vera e propria barca-ospedale, utile a prestare soccorso a chiunque ne abbia bisogno, fornendo un'assistenza sanitaria marittima, funzionale e itinerante. Come nel caso del recente naufragio della Costa Concordia al largo del Giglio.

L'idea dell'Hospital-Boat risale a prima dell'incidente e ha una doppia matrice: innanzitutto, i ricordi del Marino bambino che, tra una scorribanda e l'altra sulla barca di famiglia nel golfo di Napoli, veniva allertato da mamma, la quale non smetteva di ripetere le classiche prediche da genitore, con la massima allerta consigliata dall'assenza di Pronto soccorso nei paraggi.

Poi, una lunga chiacchierata con Taddeo Baino, l'amico di sempre, studente di medicina che, dopo essere rientrato da una missione umanitaria in Africa, aveva fatto notare a Marino come sarebbe stata più che mai utile, specie in quei territori, una piattaforma ospedaliera mobile in grado di prestare soccorso a più latitudini. Era fine estate e, da lì, la mente dei due compari si è stretta in un unico sforzo, con Marino a occuparsi dello sviluppo del piano di lavoro e Taddeo a fornire le proprie competenze mediche.

Da qui il progetto: un catamarano con pianta guarda caso a forma di «H», dotato di zona smistamento, sale visita, sala operatoria, laboratorio, camera iperbarica e sala rianimazione: una struttura che ospiti dodici persone, tre gestori della barca e nove facenti parte del personale medico, dai chirurghi agli infermieri. In più, una pista di atterraggio per piccoli elicotteri e un'ambulanza del mare, che serva per soccorrere i feriti nelle vicinanze.

«Il concetto di base è che la terra è circondata da acqua ed è impensabile che non esista uno strumento che consenta il primo soccorso immediato in mare – precisa Alfani –. Questa idea può essere utilizzata in modi differenti: la barca, di base, può essere ormeggiata in un porto, coprendo un tratto di costa sprovvisto di ospedali, ma al tempo stesso può tornare utile laddove manchino le strutture sanitarie locali, coprendo aree molto ampie. Può fungere anche da veicolo utile a rispondere a emergenze globali».

L'Hospital-Boat riuscirebbe a curare una cinquantina abbondante di persone al giorno, che significherebbe più di millecinquecento in un mese. «Abbiamo pensato di modellarlo sul Pronto soccorso di Bergamo», spiega il deus ex machina del progetto. Martedì scorso, a Carrara, la premiazione del Myda 2012 per ritirare il premio.

Matteo Spini

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