In aumento le famiglie bergamasche
Ma i componenti ora diminuiscono

L'incontro mondiale delle famiglie che si svolge da venerdì a domenica a Milano culminerà con la visita di Benedetto XVI. Secondo le ultime stime, il numero delle famiglie bergamasche aumenta, quello dei componenti diminuisce.

L'incontro mondiale delle famiglie che si svolge da venerdì a domenica a Milano culminerà con la visita di Benedetto XVI. Secondo le ultime stime, il numero delle famiglie bergamasche aumenta, quello dei componenti diminuisce.

È quanto emerge dalle prime elaborazioni del 15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni del 2011. L'Istat, l'istituto nazionale di statistica, ha fornito solo alcuni dati preliminari in attesa di quelli completi previsti per il 2014, ma già è possibile tracciare alcune linee sull'evoluzione della società locale che riflettono l'andamento nazionale. In particolare, a fronte di una popolazione orobica totale passata in dieci anni da 973.129 a 1.087.101 (i maschi sono 536.743 contro i 477.985 del 2001, mentre le femmine sono 550.658 contro 495.144) il numero delle famiglie tocca oggi quota 443.915 unità rispetto alle 278.494 di un decennio fa. Questo dato corrisponde complessivamente a 1.080.813 persone (964.309 nel 2001). I nuclei quindi crescono, ma non lo fanno i componenti che nel 2001 erano in media 2,57, oggi sono scesi a 2,4.

Il che può significare che si fanno sempre meno figli e quando questi ultimi raggiungono l'età adulta restano più a lungo in casa, che la popolazione invecchia e quindi crescono i casi di vedovi e vedove che vivono soli.

«Dietro le grandi trasformazioni demografiche e sociali che rispecchiano, talvolta estremizzandolo, il dato italiano – commenta Vanni Invernici, presidente del Forum delle famiglie di Bergamo – c'è un comune denominatore: la debolezza della famiglia che, lasciata sola, ha cercato di difendersi come ha potuto, spesso senza riuscirci. Bergamo è una città che sta progressivamente invecchiando senza ricambio generazionale: ci sono meno fratelli, meno cugini, meno nipoti e quindi meno welfare». In questo quadro, in cui nel 2003 il numero dei nonni ha superato quello dei nipoti, e nel 2020 quello dei bisnonni ultraottantenni sorpasserà quello dei pronipoti, Invernici sottolinea: «Mi sembra irrinunciabile richiamare la necessità di politiche sociali che puntino a maggiore equità nell'imposizione tributaria e tariffaria, alla conciliazione tra lavoro e vita privata, oltre a efficaci politiche abitative».

È della stessa opinione don Edoardo Algeri, direttore dell'Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia: «Servono incentivi e risorse affinché i nuclei possano allargare la propria ampiezza. Le coppie, e faccio riferimento a una fascia d'età tra i 25 e i 40 anni, devono avere a disposizione risorse, strutture e garanzie affinché si sposino in tempi utili, mentre le aziende devono poter contare su politiche di defiscalizzazione per le lavoratrici».

Per quanto riguarda l'atteggiamento dei giovani verso il futuro, don Algeri fa appello al senso di responsabilità: «Dipende da loro lo sviluppo della propria persona, ma anche quello dell'intera comunità». Rispetto ai figli che restano a casa, i cosiddetti «bamboccioni», il fenomeno si spiega con la situazione economica: «Un tempo i ragazzi cercavano la propria autonomia lasciano i genitori - chiude - oggi la ritrovano tra le mura domestiche perché hanno più vantaggi. Devono invece accettare la dimensione del rischio, accantonare i progetti professionali che ora come ora sono incerti trovando la sicurezza nella propria famiglia».

Elisa Riva

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