Martinelli chiede di patteggiare:
«Datemi 3 anni di reclusione»

Alla fine ha scelto la strada del patteggiamento della pena in fase di indagini preliminari. Luigi Martinelli, finito in manette il 3 maggio dopo aver fatto irruzione armato nell'ufficio di Romano delle Entrate, ha chiesto di patteggiare tre anni di reclusione.

Alla fine ha scelto la strada del patteggiamento della pena in fase di indagini preliminari. Luigi Martinelli, finito in manette il 3 maggio e ancora detenuto dopo aver fatto irruzione armato nell'ufficio di Romano di Lombardia dell'Agenzia delle Entrate, ha formalmente chiesto al pm Franco Bettini di patteggiare tre anni di reclusione per chiudere la vicenda giudiziaria: pena che il magistrato ha ritenuto congrua, e che ora è stata messa al vaglio del giudice per le indagini preliminari Giovanni Petillo.

Il gip si è riservato di decidere e ha per ora fissato un'udienza in camera di consiglio con le parti (accusa e difesa), per valutare la proposta di patteggiamento: il 5 luglio valuterà l'intera questione e deciderà se accogliere quindi la richiesta oppure respingerla.

Ma ripercorriamo la vicenda di Romano. Dopo aver ricevuto una cartella esattoriale, Martinelli aveva fatto irruzione nella sede dell'Agenzia delle Entrate, imbracciando un fucile da caccia. Lì aveva preso in ostaggio le quindici persone presenti, e aveva anche esploso un colpo in aria, prima che la pazienza del vicebrigadiere Roberto Lorini dei carabinieri di Romano (premiato pochi giorni fa con la medaglia d'oro dal presidente della Repubblica) avesse la meglio su di lui (dopo circa cinque ore), convincendolo ad arrendersi e lasciarsi arrestare senza commettere altre sciocchezze. Per lui le accuse erano state quelle di sequestro di persona, minacce, spari in luogo pubblico e detenzione illecita di arma da taglio (aveva con sé anche un coltello, oltre a due pistole). Il gip aveva subito rilevato, interrogando all'indomani Martinelli sul suo gesto eclatante, una forte sproporzione tra la presunta causa scatenante (e cioè i debiti, poi accertati in 2.400 euro) e la grave condotta tenuta dall'imprenditore: nella sua ordinanza aveva quindi posto l'attenzione sul rischio che un comportamento del genere potesse ripetersi anche per situazione più banali, come una lite.

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 15 giugno

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