I falsi Morellato in cartoleria
Carraro: cresce la contraffazione

Tutto è partito da una cartoleria di Milano. Qui c'era una serie di gioielli che assomigliavano un po' troppo ai Morellato. A raccontare come si è arrivati al sequestro di 6 mila gioielli a Bergamo è Massimo Carraro, ad e presidente del noto brand.

Tutto è partito da un collaboratore del gruppo Morellato in una cartoleria di Milano. È qui che si è trovato di fronte a una serie di gioielli che assomigliavano un po' troppo a delle linee di collezione del noto marchio. A raccontare come si è arrivati al sequestro di 6 mila gioielli a Bergamo è Massimo Carraro, amministratore delegato e presidente del gruppo Morellato, leader di mercato nel gioiello moda in Italia.
La vicenda risale a 4 mesi fa, come è andata?
«Prima di tutto mi congratulo con la Guardia di Finanza di Bergamo che ha operato il sequestro: ho lavorato molto bene nella vostra città. Dalla segnalazione del nostro collaboratore siamo andati ad acquistare i prodotti, siamo così risaliti alla provenienza e abbiamo, grazie al supporto delle Fiamme Gialle, individuato rapidamente che la fonte di commercializzazione era bergamasca. Fonte che poi a sua volta si riforniva nell'area della Chinatown di via Sarpi a Milano. Insomma, un ping-pong Bergamo-Milano con in mezzo la Cina».
Non credo che per Morellato sia il primo caso...
«Purtroppo no, e tra l'altro i fenomeni si sono intensificati negli ultimi tempi. C'è chi dice che è segno di successo: a dire il vero io ne farei volentieri a meno. Ciò che però è importante è il tempo di reazione delle forze dell'ordine: la velocità in queste cose è vitale. In passato episodi di contraffazione che ci hanno riguardato non avevano manifestato la stessa reattività e ricordo un caso un paio di anni fa a Torino: qui non ottenemmo la stessa collaborazione. Invece in queste cose o sei veloce o i prodotti contraffatti scappano: i gioielli poi sono molto facili da trasportare».
Come lavora un'azienda come la vostra per contrastare l'illegalità?
«Tutti i nostri prodotti sono registrati e i nostri disegni, realizzati dai nostri stilisti a Milano, sono tutti depositati prima di essere messi in commercio. Questo ne garantisce la paternità e l'originalità. A questo punto abbiamo un servizio legale che interviene appena vengono rilevati dei pezzi contraffatti e si attiva per proteggere la marca e, di conseguenza, i nostri stessi clienti. Parte così l'azione legale con il ricorso alla magistratura e alle forze dell'ordine e, in particolare, al Nucleo anticontraffazione della Gdf, per ottenere il sequestro immediato dei prodotti. Tra l'altro spesso sono i nostri stessi clienti o la nostra rete di concessionaria in Italia che ci segnala casi anomali».
Questo avrà dei costi.
«Certo che si, ed è un grande lavoro che in azienda occupa contemporaneamente tre persone, ma per un'azienda è fondamentale garantire l'originalità e la qualità del prodotto: non solo per il rapporto di fiducia che c'è con il cliente, ma anche per la credibilità del marchio a livello internazionale. Noi rappresentiamo con il nostro prodotto il Made in Italy. Certo che se poi ci fossero filtri più efficaci alle dogane, ai porti, sarebbe tutto più facile. Le faccio un altro esempio: due anni fa ottenemmo un sequestro al porto di Civitavecchia di due container di gioielli Morellato. per errore dello spedizioniere erano arrivati lì invece che a Napoli».
Ma, per capire, quanto costa meno il prodotto contraffatto?
«In generale, i "nostri falsi" vengono venduti all'incirca al 20-30% in meno del prezzo di listino. Se ci si pensa non sono affatto a buon mercato: i materiali non rispondono alle direttive comunitarie, non sono anallergici, si deteriorano e ossidano facilmente».
Non proprio un grande affare...
«Ma non solo: non dimentichiamoci che dietro questi casi di contraffazione ci sono delle vere e proprie imprese criminali che poi riutilizzano i profitti per altre attività criminali: stroncare questi fenomeni è una maniera per combattere la criminalità del nostro Paese».

Fabiana Tinaglia

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