Tagli al Nuovo Albergo Popolare
«Sono a rischio i nostri servizi»

«Di questo passo, dovremo rinunciare alla maggior parte dei nostri servizi, riducendoci ad offrire solamente un servizio di mensa, alloggio e un percorso di recupero ridotto al minimo»: a lanciare il grido d'allarme è Giorgio Frigeni, Presidente dell'opera Pia Bonomelli.

«Di questo passo, dovremo rinunciare alla maggior parte dei nostri servizi, riducendoci ad offrire solamente un servizio di mensa, alloggio e un percorso di recupero ridotto al minimo»: a lanciare il grido d'allarme è Giorgio Frigeni, Presidente dell'opera Pia Bonomelli, ente gestore del Nuovo Albergo Popolare (Nap). La scure dei tagli per il Nap si è abbattuta nei giorni scorsi: ben 30 mila euro in meno dal Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS):

"Un tempo questi finanziamenti erano stabili, si poteva contare su di essi - sottolinea Giacomo Invernizzi, direttore del Nap -: ora si vive nell'incertezza". A questi si sommano i 20 mila dello scorso anno: tirando le somme, in due anni nel bilancio del Nap sono rientrati 50 mila euro in meno. Non solo: vi si aggiungono i contributi che i singoli Comuni dovrebbero versare come retta per le persone che indirizzano al Nap. Il costo? 45 euro al giorno per persona ospitata: una cifra che comprende vitto, alloggio e il percorso di accompagnamento della stessa, con l'appoggio di educatori e psicologi ad hoc. Il tempo di permanenza di queste persone nella struttura varia da caso a caso, a seconda del livello di fragilità della stessa e dalla rete dei servizi territoriali di supporto: si va da qualche mese fino a uno o due anni. Ma i Comuni vivono situazioni di difficoltà economiche: pagano in ritardo, oppure non riescono a saldare del tutto queste rette.

E così il Nap deve accollarsi queste spese: il Fondo nazionale per le politiche sociali serviva proprio a calmierare il buco lasciato scoperto dai Comuni (all'incirca 50 mila euro). A ciò si aggiunge anche la mancanza dei ricavi provenienti dalla beneficenza dei privati, somme che permettevano di pareggiare il bilancio.

Il risultato? Il Nap non riesce a coprire tutti i costi, dovuti in buona parte al servizio mensa e alloggio, ma soprattutto a quelle attività di alta qualità volte al reinserimento delle persone prese in carico e che lo contraddistinguono (ad esempio progetti educativi attraverso la cura di un orto, corsi di cucina pratica, laboratorio di assemblaggio e cura del Parco dei Colli).

"In questo modo - prosegue Invernizzi - viene messo in discussione il nostro modello, in cui non offriamo un servizio puramente assistenziale, ma diamo l'opportunità di accedere a una cittadinanza piena e riavere una vita dignitosa. Più del 60% di chi arriva da noi esce nel giro di un anno con una casa e un lavoro".

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