Yara, trovata una lettera
L'anonimo di Rho scrive ancora

È tornato a farsi vivo ancora, con una lettera di tre pagine indirizzata al cappellano dell'ospedale, e con una telefonata in portineria. «Mi chiamo Mario, sono stato io», ha detto. E ora la polizia sta stringendo il cerchio.

È tornato a farsi vivo ancora, con una lettera di tre pagine indirizzata al cappellano dell'ospedale, e con una telefonata in portineria. «Mi chiamo Mario, sono stato io», ha detto. E ora la polizia sta stringendo il cerchio attorno al misterioso individuo che sostiene di saper qualcosa sul delitto di Yara.

«Vi prego, informate la polizia di Bergamo: qui è passato l'omicida di Yara Gambirasio. Che Dio mi perdoni!», aveva scritto, sul quaderno delle preghiere dei fedeli nella cappella dell'ospedale di Rho (Milano). La scoperta risale a sabato e, come ogni cosa che riguardi Yara, ha fatto immediatamente scattare indagini serrate. Ma ci sono due dettagli nella vicenda finora sottaciuti.

Martedì il cappellano dell'ospedale di Rho, don Antonio Citterio, sotto lo zerbino della porta di casa (abita proprio sopra alla portineria dell'ospedale) ha trovato una busta contenente una lettera. Tre fogli scritti a penna e firmati da un certo «Mario», che non ha lasciato il cognome, tantomeno indizi utili al suo rintraccio. «Sono stato io a scrivere il messaggio sul libro delle preghiere in chiesa», avrebbe ammesso nella missiva. Il contenuto della lettera, nei dettagli, è top secret e al vaglio degli inquirenti. Secondo indiscrezioni, però, in sostanza il misterioso Mario si attribuirebbe la paternità del messaggio lasciato sabato in chiesa, dicendosi stupito del cancan mediatico suscitato e, in maniera piuttosto confusa e sgrammaticata, confermerebbe di essere a conoscenza di qualcosa che riguarda la morte della povera Yara. Un mitomane? È molto probabile: gli inquirenti da subito si sono detti scettici sulla reale utilità delle sue esternazioni. Ma la polizia non intende trascurare alcuna ipotesi.
Se sa davvero qualcosa, «Mario» la dovrà dire agli inquirenti. Se emergerà che si è inventato tutto, andrà incontro a una denuncia per procurato allarme.

Ma come ha fatto il misterioso «Mario» a far recapitare al cappellano la lettera? L'ha affidata a qualcuno? Oppure l'ha consegnata personalmente, recandosi alla portineria dell'ospedale? In ogni caso, l'ingresso ospedaliero è presidiato da telecamere: i filmati sono già al vaglio. Ma non è tutto. Dopo il messaggio di sabato e la lettera recapitata martedì al cappellanno, mercoledì l'individuo misterioso si è fatto vivo per la terza volta. Lo ha fatto con una telefonata alla portineria dell'ospedale di Rho: «Buongiorno, mi chiamo Mario, sono malato di cancro. Sono io l'autore del messaggio in chiesa su Yara. Volevo solo sapere se il cappellano ha ricevuto la mia lettera». La polizia è al lavoro per scoprire da dove proveniva la chiamata. Forse «Mario» è davvero un mitomane e, non vedendo sui giornali la notizia della lettera, ha pensato che il sacerdote non l'avesse vista.

Quel che è certo, è che ieri mattina uomini della polizia di Stato e personale del Servizio centrale operativo (Sco), in una stanza della palazzina direzionale dell'ospedale di Rho hanno nuovamente sentito i testimoni della vicenda. A cominciare da Walter Claudio Sioli, 64 anni, che ha scoperto la frase misteriosa sul quaderno delle preghiere. L'uomo, che si reca spesso a pregare nella cappella ospedaliera, è stato sottoposto anche al test del dna - come da prassi nell'indagine di Yara - a cui non si è opposto. Ha ribadito di aver letto quella frase e di essersi poi confrontato con altre due donne presenti, che hanno chiamato la polizia.

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