L'Hospice di Vertova si amplia:
passa da otto a dodici posti letto

Il territorio chiede più assistenza sul fronte sulle cure palliative, quelle terapie rivolte ai pazienti in fase avanzata di malattia, quando questa non risponde più ai trattamenti mirati alla guarigione e la prognosi di vita è infausta.

Il territorio chiede più assistenza sul fronte sulle cure palliative, quelle terapie rivolte ai pazienti in fase avanzata di malattia, quando questa non risponde più ai trattamenti mirati alla guarigione e la prognosi di vita è infausta.

I pazienti afferiti negli Hospice Residenziali della provincia, nel triennio 2009-2011, sono stati 498 e, solo nel 2012, 335. Anche i ricoveri negli Hospice Sanitari hanno fatto registrare una tendenza continua alla crescita, passando dai 685 del 2010 ai 798 del 2011. Tutto ciò rispecchia il dato lombardo in cui si stimano 45.000 casi potenzialmente bisognosi di cure palliative in un anno, di cui 29.000 riferibili a pazienti neoplastici.

L'ampliamento da 8 a 12 posti letto all'Hospice di Vertova ha rappresentato, quindi, un'importante risposta alle esigenze di cura del territorio, voluta dalla stessa Regione Lombardia, che ha ribadito la necessità di adeguare l'indice di posti letto allo standard nazionale di 0,4 p.l. ogni 10.000 abitanti.

«Questo ampliamento ci sta permettendo di continuare con maggiore efficacia sulla strada intrapresa quando l'Hospice ha preso vita», evidenzia Melania Cappuccio, direttore sanitario Fondazione Ips cardinal Gusmini Onlus di Vertova. «Il nostro obiettivo è fornire un servizio residenziale volto a migliorare la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie, quando si trovano ad affrontare malattie inguaribili, sia attraverso il sollievo dalla sofferenza, identificando e trattando il dolore, sia gestendo le altre problematiche presenti, di natura fisica, psicofisica e spirituale».

«L'Hospice è un sostegno continuo e attento, ha le caratteristiche di una casa, non spezza le abitudini del malato e non è un'alternativa alla famiglia. Il nostro è stato ed è tuttora una risposta essenziale ai bisogni territoriali, in quanto non vi era una struttura residenziale per la terminalità e il trattamento del dolore nella Val Seriana. Rapportandoci da subito con i diversi professionisti che avevano in carico i malati terminali, ci siamo fatti conoscere in tutto il territorio della Valle e della Provincia, aprendo delle linee di comunicazione proseguite con la formazione in cure palliative che svolgiamo regolarmente anche per i professionisti sanitari esterni alla nostra struttura».

La Fondazione Gusmini è anche sede di una Residenza Sanitaria Assistenziale che ha aderito al progetto «Giobbe», promosso dall'Associazione Giobbe-Bergamo e dall'Asl. L'iniziativa, che ha l'obiettivo di formare il personale delle Rsa sul fronte di una migliore gestione della problematica dolore nei pazienti anziani e che vede impegnata in prima linea la stessa dottoressa Cappuccio, punta a coinvolgere progressivamente tutte le residenze sanitarie della provincia.

L'Hospice della Fondazione Gusmini di Vertova è una struttura particolarmente confortevole, immersa nel verde di un giardino. Le camere da letto, pur avendo tutto ciò che necessita per una degenza ospedaliera, sono arredate come una casa: TV, prese di corrente, frigorifero per le piccole necessità, bagno personale. Gli spazi comuni sono ampi e funzionali. Il bagno assistito è caratterizzato da una vasca ad ultrasuoni che garantisce l'igiene rispettando il pudore degli individui e non creando dolori inutili.

L'équipe che opera nella struttura si sottopone a una formazione continua e mirata ai bisogni di questi malati, è supportata da riunioni mirate alla gestione dello stress e beneficia di incontri con lo psicologo. Le cure prestate sono quelle promulgate dalla Sicp e tutti i medici hanno conseguito il Master in Cure Palliative, per cui lo staff medico completo fornisce assistenza 24 ore su 24, 7 su 7 giorni. Il personale dell'Hospice svolge anche un servizio di cure palliative a domicilio, permettendo al paziente e alla famiglia di essere seguiti anche in setting diversi.

«La nostra filosofia si basa su umanità, empatia e competenza sanitaria, con un aggiornamento continuo e attento», continua Cappuccio. «L'umanità delle cure offerte, centrate sul malato e sul soddisfacimento dei suoi bisogni, anche piccoli, che fanno sentire il paziente e la sua famiglia importanti e parte attiva del processo di cura e assistenza. L'empatia che si manifesta da parte di tutta l'équipe e che viene ulteriormente amplificata dai volontari che sono presenti costantemente e rendono ancora più familiare l'ambiente. Tutto ciò con la competenza tecnica e professionale del personale medico, infermieristico, ausiliario, dello psicologo e dell'assistente sociale».

«L'obiettivo fondamentale è la cura del dolore e di tutti i sintomi che disturbano il malato, non solo fisici ma anche psicologici, con un'attenzione alla spiritualità e alla religiosità dell'individuo. È questo mix a fare davvero la differenza, a garantire la migliore qualità di vita e a permettere un vero "accompagnamento" alla morte, guardando, ascoltando e facendo qualcosa di concreto per i malati e le loro famiglie».

«È importante ricordare - conclude la dottoressa Cappuccio -, che se questo è stato possibile lo si deve in primis alle scelte del CdA della Fondazione, presieduto dal dott. Stefano Testa. I rilevanti investimenti messi in campo, sia strutturali che in termini di risorse umane, evidenziano la sensibilità e l'attenzione riposta nei confronti dei pazienti e delle loro famiglie, nel pieno rispetto dello spirito solidaristico che permea le finalità della Fondazione Ips cardinal Gusmini».

«Siamo consapevoli che ancora molto è necessario per far conoscere questi servizi e cambiare l'opinione comune secondo cui, nelle fasi finali della vita, si debba rimanere impotenti ad aspettare l'exitus, oppure che fino all'ultimo ci si debba accanire, praticando terapie inutili e che al contempo possono causare sintomi e dolore. Per questo motivo, dopo l'apertura dell'Hospice, pensiamo di non doverci fermare, ma di continuare senza posa a parlare di dolore e cure palliative, a essere aperti verso il territorio, la popolazione e tutto il personale sanitario, cercando quelle linee comunicative che sono necessarie e fondamentali per "morire senza dolore"».

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