Il tentato omicidio di Palazzago:
gli sparò per una storia di corna

«Il movente? Un doppio tradimento, della fidanzata e dell'amico, da lavare col sangue». Che fosse una storia di corna ad aver armato la mano di Salvatore «Sasà» Di Marco, 42 anni, di Pontirolo, era genericamente trapelato al momento dell'arresto.

«Il movente? Un doppio tradimento, della fidanzata e dell'amico, da lavare col sangue». Che fosse una storia di corna ad aver armato la mano di Salvatore «Sasà» Di Marco, 42 anni, di Pontirolo, era genericamente trapelato al momento dell'arresto, nel gennaio scorso.

Martedì 22 ottobre, con la sua deposizione a processo, a mettere il timbro dell'ufficialità pubblica ci ha pensato il capitano dei carabinieri Giovanni Mura, all'epoca dei fatti comandante del nucleo investigativo. Il quale in aula ha spiegato perché, secondo gli inquirenti (per la difesa invece non c'entra), l'imputato il 19 luglio del 2010 nei boschi di Colle Pedrino, sopra Palazzago, avrebbe esploso tre proiettili calibro 7,65 alla nuca di Paolo Vastarella, napoletano di Codogno, oggi 49 anni, ritrovato vivo da un agricoltore due giorni dopo l'agguato e miracolosamente sopravvissuto (anche se in condizioni di salute compromesse).

«Vastarella aveva avuto un flirt con la fidanzata di Di Marco e se ne vantava anche con gli amici di quest'ultimo - ha ricostruito il capitano -. Raccontava che, mentre lui e la donna dell'altro erano in albergo a Napoli, la sua compagna lituana, all'epoca incinta e rimasta a Codogno, gli aveva telefonato dicendo di stare male. Così Vastarella aveva chiamato Di Marco chiedendogli se la poteva accompagnare al pronto soccorso. Insomma, mentre l'amico assisteva in ospedale la sua compagna, Vastarella era impegnato a fare il play-boy con la fidanzata di Di Marco».

Le vanterie del quarantaduenne erano presto giunte all'orecchio dell'imputato che - è la ricostruzione del pm Carmen Santoro - aveva architettato la vendetta.

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