Parkinson a Bergamo, 2425 malati
Ogni almeno almeno 450 nuovi casi

Se 2.425 malati di Parkinson in tutta la Bergamasca vi sembrano pochi, sappiate allora che i numeri registrati nella nostra provincia sono più alti di quanto dovrebbero essere se stimati applicando i dati di letteratura, in base ai quali – nella nostra realtà – i parkinsoniani dovrebbero essere 2.200. E se 225 casi in più possono sembrare ben poca cosa, non si ha idea di quanto il morbo di Parkinson «pesi» non soltanto sul malato, ma anche sull’intero nucleo familiare che lo assiste.

L’indagine epidemiologica sulla situazione nella Bergamasca sarà al centro dei lavori del 12° seminario provinciale in programma sabato 7 novembre (dalle 9.45 alle 12.30) alla Casa di riposo di via Gleno per iniziativa dell’Associazione italiana parkinsoniani. Dal certosino lavoro dell’Asl di Bergamo – curato dall’epidemiologo Alberto Zucchi, che per l’occasione ha elaborato nuovi e sofisticati algoritmi per rendere i dati particolarmente «puliti» – emerge un preoccupante quadro complessivo non soltanto per i numeri – ogni anno, nella nostra provincia, il Parkinson registra almeno 450 nuovi malati – ma per la «fragilità» del sistema sanitario bergamasco, che – proprio sulla base delle analisi effettuate – non sembra essere in grado, almeno in questo momento, di assumere un ruolo di polo attrattivo a livello regionale per questo genere di patologia, anche se sul fronte del riabilitazione la capacità di attrazione da fuori provincia registra punte di indubbio valore (al centro di riabilitazione polifunzionale di Sarnico l’indice di attrazione è del 42,11%, all’Istituto Habilita di Zingonia è del 41,18%, al policlinico San Marco di Zingonia è del 23,79%, agli Ospedali Riuniti è del 17,16%).

Il problema, inoltre, non sono soltanto i numeri dell’oggi, ma quelli cui si giungerà nel giro di pochissimi anni: «Quella parkinsoniana – spiega Zucchi nelle sue conclusioni (lo studio è scaricabile sul sito Internet www.ecodibergamo.it) – è una patologia di rilevanza sempre più attuale sia sotto il profilo sanitario sia sotto quello economico, ma soprattutto come impatto sociale e familiare ed è proprio per questo che necessita di una forte programmazione sanitaria e sociosanitaria. L’età media del parkinsoniano bergamasco è in forte aumento e con l’attuale quadro demografico, la malattia di Parkinson è destinata ad aumentare – come impatto epidemiologico – in maniera decisamente significativa nel giro di pochi anni soltanto».

Ma qual è l’identikit del malato di Parkinson della nostra provincia? Dei 2.425 malati individuati (incrociando tra loro i dati legati all’uso di farmaci specifici, al numero delle esenzioni, alle schede di dimissione ospedaliere e a chi è stato sottoposto all’intervento di stimolazione cerebrale), 1.246 (il 51,4%) sono femmine, 1.179 (48,6%) maschi, ma si tratta di una leggera prevalenza che rispecchia la suddivisione dei sessi nella popolazione complessiva.

Quanto all’età, il numero dei malati aumenta in misura direttamente proporzionale al numero degli anni, tenendo anche presente che i casi di Parkinson giovanile – quello cioè che si sviluppa tra i 30 e i 49 anni – fanno registrare nella Bergamasca una quota percentuale molto bassa (l’1,20%), con 29 soggetti (20 maschi e 9 femmine). Una delle novità dello studio di Zucchi (che per le elaborazioni si è avvalso dell’aiuto di Giovanni Brembilla) è legata alla nazionalità dei malati. Se fino a qualche anno fa di cittadini stranieri malati di Parkinson non c’era traccia, oggi se ne cominciano a registrare 17 (4 marocchini, 2 albanesi, 2 svizzeri, 2 ucraini, un argentino, un austriaco, un ecuadoregno, un indiano, un cittadino del Kazakistan, un romeno e un senegalese): numeri piccoli, certo, ma che indicano un trend di cui si dovrà certamente tener conto a breve termine.

Quanto ai bergamaschi, i più colpiti dalla malattia abitano nelle zone montane (Val Seriana in primis) e in quella metropolitana, anche se i numeri dell’Alto Sebino sembrano essere sopra la media.

E i costi? Mediamente, ogni anno, un parkinsoniano «costa» al Servizio sanitario 4.260 euro, più di un malato di cancro (4.143 euro), di un malato di cuore (1.814 euro), o di un neuropatico (3.092 euro) anche se bisogna tuttavia tener conto delle altre malattie di cui probabilmente soffre per l’età avanzata.

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