Addio a don Antonio Berta padre della Ciudad del niño

Aveva 80 anni: era in Bolivia dal 1966. Pioniere della missione diocesana, è morto ieri a Cochabamba Malato da tempo, ha speso tutte le sue energie per dare un futuro a migliaia di ragazzi, i più poveri e soli

«La speranza è l’unica arma con la quale si può andare avanti» diceva don Antonio Berta. E lui, con quella barba infinita che lo vestiva da capo a piedi di una calda paternità, missionario in Bolivia dal ’66, a Cochabamba con la speranza ha costruito un mondo per i ragazzi boliviani. Per i più poveri, i più soli. E lo ha fatto crescere con generosità e con straordinaria energia, fino all’ultimo, nonostante i limiti che il suo corpo gli imponeva: già da anni era malato e costretto a spostarsi portando con sé una bombola di ossigeno.

Ieri le crisi respiratorie alle quali era soggetto da tempo si sono aggravate. Era ricoverato in ospedale a Cochabamba, ma quando hanno capito che il momento della fine era vicino l’hanno lasciato tornare alla «Ciudad del niño», a casa sua, tra i suoi giovani. E poco dopo si è spento.

Era uno dei pionieri della missione in Bolivia, ed è grande il rimpianto che la sua morte lascia nel cuore di quanti lo conoscevano e lo amavano: i missionari che hanno lavorato con lui, tutti i ragazzi che ha aiutato a crescere, la sua famiglia. Per tutti loro era il «papi».

Don Berta, classe 1927, nato a Sovere, era stato ordinato sacerdote nel 1950. Prete del Patronato San Vincenzo, è partito per la Bolivia nel 1966. Si è occupato per qualche anno di un orfanotrofio a La Paz. Poi, nel dicembre del 1971 ha fondato la «Ciudad del niño», la «Città dei ragazzi», una piccola città di 52 ettari di terra, case e laboratori tecnici, a 2.800 metri di quota. Le ha dato vita dal nulla ai piedi del «Cara del indio» (faccia dell’indio, per via del profilo della vetta). L’ha creata per accogliere bambini e ragazzi orfani, abbandonati e con tanti altri problemi.

(23/05/2007)

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