«Ho perso 3 dita per un botto
Non raccogliete mai petardi»

«Ciao a tutti mi chiamo Luca e sono un ragazzo che voleva dirvi: non raccogliete mai un petardo da terra”.

Così comincia la lettera che un adolescente, durante il suo ricovero all’ospedale Sant’Anna di Como, scrisse nell’ambito di un’iniziativa del reparto pediatrico per sollecitare i piccoli pazienti a raccontare le loro esperienze. La lettera, raccolta come le altre, in quaderno “Anche noi siamo artisti”, è stata pubblicata dal quotidiano «La Provincia» in un servizio firmato dal critico letterario Gian Paolo Serino. L’episodio risale all’inizio di gennaio del 2010, quando Luca, allora 13 enne, nel piazzale della chiesa di Caslino al Piano, nel comasco, rimase gravemente ferito dallo scoppio di un petardo: perse 3 dita e per un po’ rischiò anche l’uso dell’ occhio sinistro.

Anche i due amici che erano con lui riportarono ustioni. Nella lettera c’è il racconto del drammatico momento dell’incidente, le urla di terrore, la corsa all’ospedale, i 4 interventi chirurgici, il tentativo di ricostruire la tre dita perse. «Invito tutti voi ragazzi a non raccogliere mai oggetti di qualsiasi tipo da terra - conclude Luca - perché può essere molto pericoloso e potreste farvi molto male».

«Mi trovavo con due miei amici in giro per il paese e passando davanti alla chiesa trovammo altri due amici i quali avevano trovato un petardo inesploso abbandonato per terra», racconta Luca. « Io lo presi in mano, lo accesi e scoppiò senza neanche avere il tempo di lanciarlo, subito dopo vedevo tutto bianco come se fossi diventato cieco e le orecchie mi fischiavano forte. Dopo alcuni attimi, ricominciai piano piano a vedere e subito mi guardai la mano con cui avevo tenuto il petardo era tutta insanguinata, all’inizio non si capiva come fosse ridotta ma ben presto realizzai di aver perso tre dita che in quel momento erano attaccate attraverso un lembo di pelle, iniziai a urlare per lo spavento e a chiedere aiuto».

Anche altri del gruppetto restano feriti, mentre due che si erano prudentemente allontanati, cercano aiuto e fermano un automobilista, il quale chiama subito l’ambulanza. «Pochi secondi dopo attorno a me c’era un grande folla di persone, tra cui mio padre che appena mi vide si sconvolse - racconta Luca - Arrivato in ospedale il chirurgo disse ai miei genitori “Secondo me vostro figlio può perdere tutta la mano e l’occhio sinistro”».

Il primo intervento durò quasi 14 ore e gli venne salvata la mano. Nei mesi successivi ne subì altri 3 per ricostruire il pollice il medio e l’indice persi nello scoppio. Luca ricorda il dolore, il silenzio della terapia intensiva e una cura a base di sanguisughe. «Per 4 giorni - racconta - ho avuto sulla mano una ’”compagnia” per nulla gradevole».

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