Isabel, 7 mesi, «scrive» all’Atalanta:
«Non entro allo stadio col passeggino»

«Mi chiamo Isabel, ho 7 mesi e abito ad Almè. Da quando sono nata, a dire il vero la sentivo anche dalla pancia, la mia zia mi racconta di questa passione chiamata calcio e di questo folle amore chiamato Atalanta».

Inizia così una lettera inviata alla nostra pagina Facebook dalla zia della piccola. Lettera indirizzata al presidente dell’Atalanta Antonio Percassi.

«Per farmi ridere mi canta i cori della Curva Nord e balliamo come delle matte! Sempre con la magliettina della Dea addosso, perchè è così che chiama l’Atalanta chi la ama, e mamma ha tenuto di ricordo il piccolo body che la tua società mi haregalato quando sono nata. Insomma,come dice zia, io sono cresciuta a latte e Dea!»

«Non mi interessa se la Dea vince o perde, per me è sempre festa perchè zia mi fa ridere anche quando è arrabbiata. Ogni tanto urla contro la tv quando guardiamo i gol a 90esimo minuto (la zia dice che tutti i tifosi corrono a casa a guardare i gol alle 18h), ma lo fa in modo così buffo che mi ci metto anch’io! - continua la lettera - Questo è stato un anno di sofferenze però per noi, ma forse mi è servito per capire quanto amore c è in questo mondo..non si molla mai! La zia mi ha spiegato cosa vuol dire essere ultras un giorno che mi ha portato in Città Alta: mi ha guardata con una strana luce negli occhi e mi ha indicato lo stadio dicendomi che avrei dovuto difendere la curva e l’avrei potuto fare solo proteggendo con orgoglio la mia città: Bergamo! Mi ha insegnato a donare un sorriso a tutti, perchè regala attimi di serenità a chi lo riceve. Mi ha mostrato che una carezza vale quanto ricevere mille regali desiderati, mi ha spiegato che rispettare ciò che non è tuo è dovuto, che rispondere un grazie o un prego è il minimo,che non dovrò mai vergognarmi di ciò che rappresento perchè io sono bergamasca e noi bergamaschi siamo un popolo fiero e con origini antiche e gloriose. Mi ha fatto sognare raccontandomi di come tutto questo lei lo aveva imparato a sua volta macinando chilometri e superando gli ostacoli».

«Domenica 17 maggio finalmente avrei potuto anch’io far parte di quella bolgia chiamata partita. Ti dico «avrei» - riferendosi a Percassi - perchè io alla Curva nord ci sono andata vicina tanto così».

«Zia mi ha bardata (sembravo una Dea anch’io) di tutto punto, ha riempito i miei biberon con acqua fresca visto la bella giornata e con un bacio di approvazione di mamma e papà siamo partite direzione Comunale! Un giro alla Cà dell’Oste e al Baretì, tanto per prendere un po’ di complimenti e conoscere tanti nuovi amici, e poi in fila per fare il biglietto. Non ho ben capito perchè, ma zia ha raggiunto l’ingresso del prefiltraggio (da fuori più che uno stadio a me sembra una prigione) e ha chiesto di parlare con la digos - e la lettera continua -. Insomma, nessuno si è degnato di rispondere alla nostra domanda: perchè io non potevo entrare con il mio passeggino dentro lo stadio».

«Il problema era il mio passeggino! Forse dimostro di più dei miei 7 (sette) mesi, non so, ma io non so ancora camminare e zia dice che 90 minuti con me in braccio sarebbe stato difficile... Poi pensavo a quel ragazzo che ha voluto fare la foto con me: zia mi ha spiegato che ha avuto un incidente e non può camminare ed è per quello che è seduto su una sedia a rotelle. Chi tiene in braccio lui per un ora e mezza?».

«Molta gente credeva impossibile questo dictat, chiedeva spiegazioni, ma nessuno, ripeto, nessuno ha saputo darcele. Un gruppo di ultras si è persino proposto di tenermi in braccio un po’ per uno così da regalarmi il sogno di entrare. Volevano anche venire sotto la tribuna per chiamarti, ma zia aveva paura che per un passeggino potessero rischiare un Daspo».

E la lettera finisce così: «Prima di andare a casa però un ragazzo mi ha messo al collo la sua sciarpa: mi sono sentita grande, mi sono sentita a casa e questa sciarpa per me vale più del vostro divieto!». Con la delusione, raccontata tramite la penna della zia: «La società mi ha deluso: avete fatto fior di campagne pubblicitarie invitando le famiglie negli stadi.. Ciao Antonio, spero che la mia “tirata di orecchie” crei un precedente». Firmata Isabel, ultras dell’Atalanta.

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