Istanbul, strage di Capodanno
Italiani: «Salvati buttandoci a terra»

Nella discoteca ’Reina’ di Istanbul, teatro della strage di Capodanno, c’era anche un gruppo di giovani italiani. Si sono salvati buttandosi a terra e schivando i colpi che il killer sparava a bruciapelo, riuscendo a cavarsela solo con qualche escoriazione.

Si tratta di tre modenesi, un palermitano ed una ragazza bresciana, quest’ultima rimasta lievemente ferita al volto, in Turchia per lavoro e che avevano deciso di trascorrere la notte di San Silvestro nel noto e affascinante locale sul Bosforo con le altre centinaia di persone presenti nel nightclub quando l’attentatore è entrato in azione. «È accaduto tutto in un istante», hanno raccontato i tre modenesi alla televisione locale Trc-Telemodena: «Stavamo tutti festeggiando e mangiando a tavola quando sono esplosi i primi colpi ed è scattato il panico nel locale», dove i colpi arrivavano da tutte le parti.

Nessuno di loro vuole fornire le proprie generalità, chiedendo l’anonimato. Ma le loro parole trasmettono tutto il terrore e la paura provato in quei momenti, tra la calca, per evitare di essere colpiti e riuscire ad aprirsi una via di fuga, verso la salvezza.

Si sono gettati a terra - raccontano - nella confusione e concitazione di attimi durati un’eternità sotto il rumore assordante di colpi: quell’uomo, armato di un kalashnikov, sparava all’impazzata sulla folla, a bruciapelo dalla scala della pista centrale della discoteca ma anche al piano superiore, dove si trova il ristorante giapponese. Si è creata una calca di persone che cercava disperatamente scampo, raccontano ancora, spiegando che è stato proprio in quel tafferuglio che si sono fatti male. Niente di grave per loro.

Solo qualche escoriazione ed un ferita lieve sopra l’occhio per la ragazza bresciana. Ma tanta paura. Molti dei feriti - un settantina oltre al tragico bilancio di 39 morti - si sarebbero fatti male proprio a causa della calca, continua il racconto dei cinque sopravvissuti, secondo quanto rivelato a Trc-Telemodena.

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