«Ma quando mi riporti allo stadio?»
Mail di un papà: ripartiamo dai bimbi

«Papà, ma quando mi riporti allo stadio?». Inizia così la mail che abbiamo ricevuto in redazione, quella di un padre tifoso atalantino «che questo campionato per la prima volta ha portato il figlio allo stadio».

Niente tessera del tifoso, una presenza occasionale «dopo tante partite viste in tv entusiasmandosi per i colori nerazzurri, tifando, soffrendo per i goal presi ed esultando per quelli fatti». La prima partita vista insieme non ne ha offerti granché: «Uno 0-0 con il Verona, ma Edo era in tribuna Creberg con gli occhi sbarrati, attento sì ai 22 in campo, ma soprattutto all’atmosfera sugli spalti. Il più preoccupato, in verità, ero io, perché da sempre il match con il Verona era considerato a rischio. All’arrivo sul piazzale della curva Sud erano scoppiati due grossi petardi, ma tutto era finito lì» scrive il padre.

Ma ad Edoardo l’Atalanta (intesa come stadio) era piaciuta «e mi ha chiesto più volte di portarcelo ancora, appuntamento sempre rinviato per diversi motivi». Poi, sabato scorso, gli incidenti dopo la partita con la Roma, e da venerdì il giro di vite sull’accesso allo stadio per chi non è in possesso della Tessera del tifoso: «E ora cosa dico a mio figlio? Che non posso portarlo allo stadio perché non abbiamo la tessera? Che questo sistema penalizza la gente che vuole solo vedere la partita?».

«Credo che le intemperanze e le violenze debbano essere punite senza indecisione alcuna, che lo stadio debba tornare ad essere quel posto dove i padri portavano i bambini a tramandare una passione, come ha fatto il mio con me e come sto cercando di fare con mio figlio. Ma così si rischia di allontanare tutti. Leggo che sarà il prefetto a decidere caso per caso, mi auguro che si usi il buon senso di non colpire una tifoseria sana nella maggior parte dei suoi componenti. Il mio Edoardo è uno dei tanti bambini che allo stadio ci fanno per fare festa e tifare in modo sano: ripartiamo da loro, non lasciamoli fuori».

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