Sciopero della fame per difendere il sito web

È al terzo giorno dello sciopero della fame un artigiano bergamasco che si chiama Luca Armani condannato dal Tribunale di Bergamo, su ricorso della griffe Giorgio Armani, a non usare più quel cognome per il suo sito Internet e ad un risarcimento. Lo rende noto il senatore dei Verdi Fiorello Cortiana, parlando di una «triste storia che aveva suscitato grandissima indignazione tra il popolo di Internet».

Luca Armani, 40 anni, aveva aperto nel 1997 un dominio Internet per pubblicizzare il suo timbrificio a Treviglio. Qualche tempo dopo la Giorgio Armani aveva presentato un ricorso chiedendo il rispetto della tutela del marchio. Il Tribunale di Bergamo, con una sentenza, ha dato ragione alla griffe condannando Luca Armani anche a pagare delle penali per diverse centinaia di migliaia di euro.

La storia è ricostruibile cliccando sul sito www.armani.it dove è stata pubblicata la decisione del Tribunale di Bergamo e da dove si accede anche ad un altro sito con il quale Luca Armani chiede la sottoscrizione per una sua petizione. «Il mio nome è Luca ed il mio cognome è Armani e non sono io ad affermarlo ma un documento emesso dallo stato italiano - ha scritto l’artigiano -. A meno che, non si voglia ammettere che in quel documento sono riportate indicazioni errate o fuorvianti. Vorrei precisare che non sono alla ricerca di clamore, di compassione o comprensione, bensì che mi sto battendo dal secolo scorso perché credo di essere dalla parte della ragione, perché credo di essere stato accusato ingiustamente di un reato che non ho mai commesso, perché sono convinto che anche il poter difendersi deve essere quantomeno un diritto di tutti indipendentemente dal nome che rappresenta o dal fatturato che uno genera».

«In questa sentenza c’é un assurdo evidente - ha detto Cortiana - nessun Armani può usare il suo cognome nel settore economico perché è stato registrato come marchio». «Caro Luca - ha concluso Cortiana rivolgendosi all’artigiano - non arrecare danni alla tua salute, ferma la tua protesta estrema, ci sono ancora molte altre occasioni per far valere le tue ragioni».

(19/12/2003)

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