Una lettera di Bossetti: qui un inferno
«Sono stato incastrato, non c’entro nulla»

«Cosa posso dire ora ai genitori di Yara? Nulla!! Perché solo se io fossi il colpevole potrei dirgli qualcosa ma io non li conosco, non so chi fosse Yara, non ho idea di cosa loro pensino. Sono sicuro che la loro sofferenza è grande, ma perché io ci sono finito di mezzo? Cosa c’entro io?».

Massimo Bossetti si racconta con una lettera spedita dal carcere di Bergamo e pubblicata su «Il Giorno»: un foglio protocollo scritto a mano, con un titolo «Pensieri, emozioni, difficoltà e speranze mentre trascorrono i mesi in carcere». In calce una firma. Quella di Massimo Giuseppe Bossetti, in cella dal 16 giugno con l’accusa di aver rapito e ucciso Yara Gambirasio.

Il muratore di Mapello ha risposto al quotidiano che gli ha chiesto come trascorre la vita dietro le sbarre, che pensieri vorrebbe rivolgere alla famiglia Gambirasio e cosa lo sostiene. Quattro pagine dove racconta le sue giornate, tutte uguali, con la preoccupazione per i familiari fuori, la sfiducia che nutre nella giustizia. Bossetti è sicuro di essere al centro di un enorme errore giudiziario: «Essere stato incastrato, essere il capro espiatorio, essere sacrificato in televisione come l’orco, il mostro?».

Il 44enne racconta della sua esperienza in cella: «È difficile spiegare il carcere a chi non l’ha mai vissuto da dentro, a chi lo ha solo visto in un film. Il carcere, che tu sia innocente o colpevole, è sempre e comunque un inferno». Parla dei pomeriggi trascorsi sdraiato su una branda. A fissare il vuoto. Senza libri, né riviste né Tv. Le uniche distrazioni che gli venivano concesse erano le visite del cappellano, dello psicologo e dell’avvocato Claudio Salvagni. «Forse avevano sperato di rompere la mia resistenza, di piegare la mia testardaggine a dichiarami innocente, ma cosa altro potevo fare, se ero e rimango innocente? Potevo dichiararmi colpevole per avere la televisione in camera? Dovevo patteggiare un qualcosa di vergognoso che non mi ero mai sognato di commettere, per avere una cella migliore? Ma siamo matti?».

E Bossetti racconta come vive in cella: «Passo le mie giornate dormendo più di quanto io abbia mai dormito in vita mia, giocando a scala 40». Adesso però ha la tv, dove guarda «cose stupide». E dove le immagini della sua faccia lo rincorrono a «ogni ora di ogni giorno». Ma oltre a questo «vedo mia moglie e i miei figli assediati dai giornalisti, vedo mia madre insultata per strada, vedo mia sorella picchiata sotto casa e minacciata (ma la Procura non ha riscontrato nulla, ndr), e io sono qui chiuso che non posso difendermi. Cosa mi sostiene? Cosa mi conforta? Nulla!!!!!! Nemmeno l’amore della mia famiglia riesce a confortarmi! – scrive Bossetti che riferisce anche di gravi problemi di salute del padre a cui non sarebbe concesso di fargli visita – Cosa mi può confortare da questo?».

Nemmeno la fede è un sostegno solido su cui reggersi. «Non ne ho nella giustizia, che si è dimostrata ottusa, non ne ho negli uomini, che si sono dimostrati senza cuore, e non ne ho nella preghiera, che per ora si è dimostrata inutile». L’unica che gli rimane è quella in se stesso «e nella mia assoluta verità».

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