Via Gleno, per l’evasione prese le chiavi dall’ufficio del capoturno

Non fu molto difficile favorire l’evasione di Max Leitner e Emanuele Radosta. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, infatti, a Raffaele Di Simone bastò andare nell’ufficio del capoturno, fuori per una ronda, aprire una scatola normalmente incustodita ed estrarre quattro chiavi. Chiavi che gli sarebbero servite per condurre i due fuggiaschi alla base del muro di cinta, dall’alto del quale, poco più tardi, avrebbe gettato la scaletta per l’atto finale.

Niente di complicato, niente che abbia insospettito i colleghi, tanto che uno di loro, il coordinatore regionale Cisl Eupremio De Tomasi, presente quella notte, ancora non si capacita dell’accaduto. Mentre emerge che il sistema di videosorveglianza è quasi completamente non funzionante (ma per gli inquirenti si tratta di un particolare «ininfluente») l’agente indagato ammette di aver ceduto un telefonino a Leitner. Sul bandito altoatesino, sparito nel nulla insieme al compagno di fuga siciliano, parla il colonnello dei carabinieri di Bolzano che lo catturò: «Commetterà un errore».

Ecco chi sono i fuggitivi:

I due detenuti riusciti a fuggire sono Max Leitner, altoatesino, pluriricercato, che doveva scontare una condanna per rapina fino al 2012, ed Emanuele Radosta, siciliano, condannato per associazione mafiosa, omicidio, traffico d’armi, con una pena da scontare fino al 2054.

Gli agenti di polizia penitenziaria si sono accorti dell’avvenuta fuga durante i normali controlli del mattino: i due detenuti hanno lasciato alcuni fantocci di cartone e stracci nel letto, così da simulare la propria presenza di notte durante le ronde.

(18/10/2004)

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