Tessile: occorrono interventi mirati

Il Comitato Piccoli Imprenditori ribadisce la validità della richiesta dello stato di crisi

L’iniziativa di verificare se esistono i presupposti per la richiesta dello stato di crisi del settore tessile vuole «venire incontro alle esigenze di tutte quelle piccole e medie imprese che dopo anni di duri sacrifici si trovano a dover competere in un mercato stravolto dalla globalizzazione che ha determinato un radicale cambiamento nell’economia del nostro Paese». A ribadirlo, ancora una volta, è il «Comitato Piccoli Imprenditori del Tessile» in una lettera che fa seguito all’incontro straordinario del 22 marzo scorso, svoltosi alla Commissione provinciale per le politiche del lavoro della Provincia di Bergamo espressamente dedicato alla crisi del settore tessile.

Secondo il «Comitato Piccoli Imprenditori del Tessile» è ancora possibile dare una risposta, a chi ha fatto impresa per decenni, «in termini concreti sotto forma di incentivi, sovvenzioni, interventi mirati» per dare «la possibilità e il tempo a coloro che si trovano in difficoltà di riconvertirsi, nello stesso settore tessile in produzioni innovative o di nicchia o in altri settori, oppure di ridimensionarsi, mantenendo comunque in vita una struttura produttiva e non disperdendo così 50 anni di tradizione e di cultura tessile».

E i piccoli imprenditori tessili ribadiscono il loro impegno industriale: «Nessuno vuole smantellare il settore tessile, soprattutto la piccola e la media impresa e l’artigianato che più di altri sono legati al proprio territorio e che vogliono continuare a rimanere sul territorio, contribuendo a creare ricchezza e sviluppo tra la nostra gente. Chi doveva delocalizzare per scelta o per necessità lo ha già fatto o si appresta a farlo: a loro facciamo i nostri migliori auguri, ma perché - si chiedono gli imprenditori del Comitato - nessuno ci spiega come mai chi decide di andarsene riceve finanziamenti, mentre chi rimane deve arrangiarsi?».

I rappresentanti del Comitato contestano, poi, il «documento unitario» sottoscritto tra organizzazioni sindacali e imprenditoriali orobiche (Unione industriali e Apindustria di Bergamo), sulle linee strategiche da adottare per far fronte al momento di disagio attuale: «Perché nessuno ci ha interpellato?» chiedono ancora. «Non ci sembra corretto trarre delle conclusioni negative in merito alle nostre iniziative senza nemmeno poter essere presenti alle riunioni per difendere le nostre tesi».

Sottolineando come sia molto «politichese» parlare di strategie da mettere in campo che puntino ad «un lavoro di sinergia», o alla realizzazione di «un osservatorio che si occupi delle problematiche del tessile da affrontare con politiche attive a livello locale», oppure ancora ad «intraprendere azioni inserite in una logica di rilancio», il «Comitato Piccoli Imprenditori del Tessile» sottolineano come «da mesi stiamo ripetendo quali sono i problemi del tessile senza creare osservatori e abbiamo anche elencato gli interventi necessari. Se è vero, come affermano alcuni, che lo stato di crisi da noi richiesto non risolve i problemi del tessile, permetteteci di nutrire grossi dubbi su come iniziative come quelle elencate da altri portino a miglior fine».

Gli industriali tessili del Comitato sottolineano la necessita di «azioni concrete e non di parole e promesse: scartare a priori una nostra iniziativa considerandola inadeguata senza nemmeno portarla in discussione nelle sedi opportune ci pare un atteggiamento molto superficiale e presuntuoso nei confronti di chi, come noi, vive nella quotidianità le difficoltà del nostro lavoro. Le istituzioni devono assumersi le proprie responsabilità e dare delle risposte».

Un appunto, il Comitato lo esprime anche nei confronti del sindacato che «forse non si è ancora reso ben conto che la nostra battaglia è anche la loro. Noi stiamo difendendo il nostro futuro e il futuro dei nostri dipendenti e non è solo con la maggiore flessibilità o l’ampliamento degli ammortizzatori sociali, anche per le aziende sotto i 15 dipendenti ,che si risolvono i problemi perché alla fine del tunnel c’è sempre la mobilità e il licenziamento».

(03/04/2004)

© RIPRODUZIONE RISERVATA