La disoccupazione diventa strutturale
Bergamo, oltre 35.000 senza lavoro

La Cisl di Bergamo si appresta a celebrare il proprio congresso in una situazione inedita. Piccinini: «valorizzazione di apprendistato, incentivi mirati all'occupazione femminile e agli ultra45enni. Urgente il problema della povertà».

Anche Bergamo è diventata terra di disoccupazione: il modello di provincia a «disoccupazione zero» è ormai consegnato alla storia. La crisi ha pesantemente colpito anche il territorio orobico e per la prima volta da oltre un decennio, nel 2012 la crescita delle imprese si è arrestata con un saldo negativo tra iscrizioni e cancellazioni di 24 aziende.

Ciò ha comportato che il tasso di disoccupazione sia passato da un "frizionale" 3% (la gente è senza lavoro solo nel momento di passaggio da un posto all'altro), a uno strutturale 6%. In pratica in provincia di Bergamo iniziano a contarsi più di 25.000 disoccupati, ai quali già si possono sommare i 10.000 in mobilità, mentre altrettanti lavoratori sono interessati da ammortizzatori sociali. Muore un'impresa al minuto, soprattutto quelle piccole o piccolissime che più difficilmente resistono ai marosi della situazione economica globale.

Il numero delle imprese attive, per effetto della crisi nel 2012 è sceso sotto le 87mila unità con una perdita di 527 aziende, lo 0,6% del totale.
Il calo si è concentrato nel settore dell'edilizia (meno 622 imprese) e nel settore manifatturiero (meno 224). In termini dimensionali sono le attività artigianali a perdere maggiormente consistenza (meno 700 unità).
Sul fronte degli iscritti ai centri per l'impiego della Provincia dal 2008 al 2012 si è passati da 42 a 74 mila con un aumento del 76% trascinato soprattutto da lavoratori di età superiore ai 45 anni di difficile ricollocazione per le mansioni e competenze non in linea con le richieste delle aziende che  riescono a resistere alla crisi.

Tra poco, inoltre, ci troveremo a fare i conti con la scadenza del finanziamento della Cassa in Deroga, che in provincia copre ancora circa 5000 lavoratori.

In questo panorama la Cisl di Bergamo prepara il proprio congresso, affrontando situazioni e «sistemi» mai prima d'ora sperimentati, che richiedono soluzioni «rivoluzionarie» e coraggiose.

È uno degli aspetti che Samuele Rota, responsabile del dipartimento lavoro della Cisl di Bergamo mette in luce: «a rendere complicata la situazione del mercato del lavoro sono i processi di ristrutturazione aziendale e le numerose procedure di riduzione del personale con la chiusura di reparti produttivi se non di intere fabbriche. Inoltre,  c'è il problema del disallineamento tra domanda e offerta di figure professionali che dal punto di vista qualitativo rischia di indebolire le stesse possibilità di sviluppo economico. I soggetti sociali più esposti sono i giovani con difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, le donne ancora largamente sottoutilizzate sia per problemi strutturali sia per aspetti culturali ma anche per mancanza di adeguati sostegni per l'effettiva conciliazione lavoro/famiglia, gli immigrati con difficoltà di integrazione economica e sociale. La mancata o ritardata soluzione dei problemi strutturali, rende il territorio bergamasco e l'intero Paese meno attrattivi e meno competitivi rispetto ai concorrenti».

«Questi dati segnano l'evidenza del problema lavoro - dice Ferdinando Piccinini, segretario generale Cisl di Bergamo - che deve rappresentare la priorità di tutti i soggetti sociali e istituzionali del territorio. In questo senso occorre rilanciare un nuovo sistema di politiche attive del lavoro con un maggiore ruolo delle parti sociali strettamente collegate con i fabbisogni professionali e occupazionali delle imprese bergamasche. Con una particolare attenzione a una maggiore valorizzazione del contratto di apprendistato per la  fascia giovanile, e incentivi mirati all'occupazione femminile, agli ultra45enni che hanno perso il posto di lavoro.
Vogliamo inoltre richiamare l'attenzione sull'inaccettabile allungamento dei tempi burocratici relativi all'approvazione e al pagamento della cassa straordinaria che mette in difficoltà ulteriore centinaia di lavoratori e di famiglie. Anche per la cassa in deroga, che è stato i questi anni un decisivo strumento per attutire gli effetti della crisi sui lavoratori più deboli, occorre la certezza e la garanzia del finanziamento a fronte di un utilizzo che rimane ancora altissimo».

«Vogliamo inoltre lanciare l'allarme sull'aumento notevole di famiglie che vivono in  condizione di povertà e marginalità sociale - conclude Piccinini. Questo diventerà uno dei problemi più urgenti del territorio e dovrà richiamare tutte le istituzioni locali, politica e parti sociali a farsene carico».

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